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Aria di libri | #53 “Abbiamo sempre vissuto nel castello” di Shirley Jackson

Quanto tempo, amici lettori! Torno sui vostri schermi dopo così tanto per parlarvi di quella che -per quanto io possa affermare fino a ora- la mia miglior lettura del 2021: “Abbiamo sempre vissuto nel castello” di Shirley Jackson. Un libro che posso solo definire “sconcertante”.

Merricat vive con la sorella Constance e lo zio Julian in una casa che si innalza sul resto del villaggio, giudicandolo dalla sua collina. I tre sono prigionieri della loro routine fatta di pulizie, buon cibo e reciproca compagnia. In essa si sono isolati dal momento in cui, sei anni prima, tutto il resto della famiglia Blackwood è morto, proprio in quella casa, per avvelenamento. L’arrivo di Charles, un cugino che non vedono da anni, farà scoppiare la loro intonsa bolla di felicità.

Merricat è un narratore inaffidabile. Lo capiamo sin dalle prime righe, entrando nella mente di una diciottenne piena di manie, ossessioni e con una visione distorta della realtà che la circonda. È lei la voce narrante del romanzo. Merricat ci trascina nel suo piccolo mondo parlandoci del profondo amore per la sorella, mostrandoci i suoi riti quotidiani che sfociano in ciò che lei definisce stregoneria, facendoci odiare il cugino Charles attraverso i suoi occhi. Tutto quello che leggiamo potrebbe essere frutto della sua mente, distorto, manipolato, ed è questo a rendere sensazionale il romanzo.

Sono i personaggi a fare la storia.

Constance, bellissima e eterea, servizievole, aggraziata e sorridente, tutto il contrario della sorella minore. La stessa perfetta Constance che, sei anni prima, è stata accusata dell’omicidio di tutta la famiglia Blackwood.

Zio Julian, unico sopravvissuto all’avvelenamento e rimasto invalido, con i suoi sproloqui e la sua ossessione nel ricordare quell’ultima cena a base di arsenico.

Charles, l’estraneo opportunista che si insinua in quella casa perfetta per rubare ciò che Merricat ha di più caro. Constance. La loro routine.

E gli abitanti del villaggio: ottusi, pieni di pregiudizi, timorosi nei confronti della famiglia Blackwood ma sempre propensi alla critica e alla derisione.

Abbiamo sempre vissuto nel castello è fatto di dialoghi disarmanti e scambi di battute inverosimili. È fatto di piccole manie, di dispetti, di odio accecante da parte e verso il mondo esterno, grande sconosciuto e grande nemico. È un libro pieni di vasetti di marmellata in cantina e sorrisi fittizi nei momenti meno opportuni.

Merricat ci narra il modo in cui il male –non quello assoluto, bensì quello sottile che è parte intrinseca della natura umana- entra a far parte della sua vita, accartocciando anche i dettagli più piccoli.

Nessuno dei personaggi è perfetto. Sono caricaturali, inverosimili nell’esasperazione dei tratti che li caratterizzano di più. Reali al punto da risultare imbarazzanti.

Shirley Jackson ha creato un capolavoro e poi lo ha concluso così come lo ha iniziato: lasciando il lettore pieno di dubbi sulla storia, sul finale, su Merricat stessa.

Altrettanto magistrale è la trasposizione cinematografica del 2019, con protagoniste Alexandra Daddario e Taissa Farmiga. Quest’ultima, che presta il volto a Merricat, ha dato prova di un eccezionale talento, ritraendo un personaggio complesso e rendendolo reale in ogni sua sfaccettatura.

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Il vostro topo da biblioteca,

-V.

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