Telefilm/The Crown

Recensione | The Crown 4×07 – 4×08 – 4×09 – 4×10 “The Hereditary Principle – 48 to 1 – Avalanche – War”

Eccoci al nostro ultimo incontro. Il prossimo pare che avverrà fra almeno due anni, quindi come dice la nostra cara Elisabetta, dobbiamo solo avere pazienza e le cose (si sistemeranno) arriveranno da sole.

Con questa recensione, che cerca di dare anche uno sguardo al futuro, concludiamo un percorso che io personalmente ho affrontato con calma. La mia visione si è conclusa da tempo, ma a volte tendo a rifletterci molto su cosa una serietv mi abbia lasciato, e per arrivare a determinate conclusioni ho bisogno di metabolizzare quanto appreso; un binge watching certamente non consente ciò.
Nonostante sia certa che The Crown l’abbiate conclusa nella stessa settimana in cui è uscita (poco più di un mesetto fa), credo che il miglior modo per chiudere questo 2020 sia continuare a parlare di Lei, forse una delle migliori uscite dell’anno, e poi augurarci un Buon nuovo anno.

Mi sento una voce fuori dal coro nel dire che a livello allegorico in questa stagione qualcosa si è perso, forse perché i fatti parlano da soli e non c’è più bisogno di affidarsi ad uno sguardo o ad una frase lasciata a metà per farci intendere quello che poi noi vogliamo intendere. Mille erano le similitudini  anche improbabili che nascevano, questa quarta stagione invece è più concreta e probabilmente risente della maturazione della sua stessa protagonista, Elisabetta II.
La narrazione di Peter Morgan dà voce a dei personaggi storici che volutamente hanno preferito tacere negli anni e li carica di sentimenti che noi, al di fuori di Buckingham palace, non abbiamo mai potuto immaginare che potessero provare. Non è una serie documentaristica, non è quello l’intento e infatti è corretto il rifiuto di Netflix di un disclaimer per meglio definire i diritti e gli obblighi della loro SerieTV che appunto è tale.
Si vuole dare il giusto riconoscimento ad una Regina protagonista effettiva di pochi momenti trionfanti nella sua corriera, ma osservatrice indiscussa della Storia stessa, una storia vicina a noi, quindi magari poco attraente per una serietv, ma ricca di avvenimenti che tendiamo tutt’oggi, tra i banchi di scuola, a ignorare. Questo scopo ha permesso la realizzazione di una serie basata sul trarre sensazioni e riflessioni senza usufruire di meri pettegolezzi e eventi “storici” passati alla storia non per la loro morale degna di nota. Naturalmente dal punto di vista tecnico, la quarta stagione si è superata, spingendo ancora di più la ricerca della verosimiglianza soprattutto nei costumi e usufruendo di una fotografia precisa, stretta sui volti quando c’è oppressione nel cuore e sofferenza, ad ampio raggio quando la solitudine dilaga.

È la stagione che riesce a buttar fuori tutto senza vergogna o finta decenza, è la stagione che ti riversa addosso i sentimenti celati senza pensarci troppo. È una stagione diversa la quarta, per alcuni la migliore, per altri la più sofferta e per entrambi la motivazione è una sola: è la più diretta.

Conclusioni:

As well as being born second, am I destined to be mad, too?

Per molti Helen Bonham Carter non è una degna Margaret, non al pari di Vanessa Kirby. In realtà entrambe hanno dato alla loro principessa, eterna numero due, un’impostazione differente, ma efficace e veritiera. Vanessa ha rappresentato una Margaret molto acerba, una Margaret sempre legata ai suoi privilegi, e che sognava una libertà dove tuttavia il suo status non venisse davvero intaccato. Per quanto affascinante la sua interpretazione di principessa ribelle, alle volte appariva come una bambina che faceva i capricci, dispettosa con la sorella Regina, che la privava dei suoi sogni di principessa delle favole. Sebbene ciò, è stato facile empatizzare con e per lei, con le sue vicissitudini amorose, con la ricerca spasmodica di un amore puntualmente sbagliato. L’interpretazione della Carter in realtà è il cerchio che si chiude. Come all’epoca di Peter Townsend, Margaret non aveva voluto rinunciare ad essere una principessa e aveva semplicemente riversato la sua rabbia sulla famiglia, ancora una volta, dopo il primo matrimonio naufragato malamente e numerosi amanti (che Morgan ci ha taciuto), desidera ancora prepotentemente la favola, non volendo rinunciare assolutamente a nulla. Questa Margaret è la stessa della Kirby, tuttavia l’età, e forse la poca grazia nei movimenti della Carter (lo ha ammesso la stessa Coleman in un’intervista amichevole), hanno annebbiato facilmente il giudizio. Quest’ultima Margaret, quella degli ultimi anni è stanca, a metà strada tra il sottomettersi e lo spezzarsi. Gli episodi che le sono stati dedicati in queste ultime due stagioni, credo che siano tra i più belli: la solitudine di questa principessa che sembra sempre fisicamente distante da tutti, il suo dolore silenzioso, che a volte parla attraverso gesti disperati, il suo lasciarsi andare quasi invisibile perché si è trasformata, per sua volontà, in una principessa che è solo l’ombra di se stessa. C’è un filo sottile che conduce la trama di tutta questa stagione, ci sono varie, ma brevi affermazioni che ci ripetono qual è il centro di questa serie e dell’esistenza dei personaggi che la popolano, la Regina. La scoperta di due cugine, Nerissa e Katherine, tenute “nascoste” perché inadeguate per il buon nome della famiglia, serve principalmente non a mettere in cattiva luce la famiglia reale (forse in parte solamente la Regina Madre) che come tutte le famiglie ha piccoli e grandi scheletri nell’armadio, ma a farci comprendere il dolore, la sofferenza, il tormento della principessa Margaret, divorata dal risentimento, dall’amarezza e dai rimpianti per una vita che non è riuscita davvero a vivere come le sue stesse cugine. Ironico e definirei ora iconico, il parallelismo del suo percorso in macchina verso la terapista che richiama appunto quello di Giorgio VI (Colin Firth) nel Il discorso del re (dove la Carter era la Regina Madre), affermando entrambi, il Re e la principessa Margaret, come sia assurdo che debba essere una principessa/reale ad andare da uno psicologo e non viceversa. Espressione chiara questa del pensiero della principessa dalle prime stagioni alle ultime, un pensiero mai mutato.

Magari come il principe Filippo credono nel loro ruolo, non rinuncerebbero mai ai loro privilegi, tuttavia sono soffocati proprio da questa consapevolezza: vorrebbero o volevano essere liberi, ma alle loro condizioni. Da questo tormento interiore scaturisce l’insicurezza di Margaret che pensa di avere qualcosa che non va, qualcosa addirittura che ha ereditato dalla famiglia, come una malattia, una malattia che la rende infelice. Emblema questo episodio di una situazione vicino a molte persone. Questa sofferenza di Margaret viene aggravata nuovamente dal difficile rapporto con la sorella. Con la maggiore età di Edoardo, la principessa viene nuovamente messa da parte perdendo quello a cui si era aggrappata in tutti questi anni e per il quale aveva rinunciato a tutto, anche all’amore stesso: un ruolo all’interno della famiglia, perdendo quindi anche quello di consigliere di Stato. Se non si rientra in un determinato stereotipo ci sarà sempre la principessa numero due, la principessa scomoda. Tuttavia, come era iniziato in solitudine questo episodio per Margaret tra malanni, interventi e ospedale, così finirà. Si sta chiudendo tra urla silenziose la vita della principessa che voleva solo essere una principessa, che voleva essere notata e apprezzata, un po’ come Carlo, Diana, Anna…

48 a 1 è un episodio che ci prepara al momento esatto in cui la Lady di ferro, il nostro 1, si fonderà. Ironia della sorte, poco prima di vedere questo episodio, ero in cerca di qualche pettegolezzo su questa stagione, sempre per capire dove parte la finzione e finisce, appunto, la realtà. Avevo da poco terminato di leggere qualche notizia del tempo sull’attrito o la reciproca “non simpatia” tra le due “governanti”, che abbiamo l’episodio in cui la Thatcher e la Regina si scontrano per l’imposizione di sanzioni sull’apartheid in Sud Africa, o meglio di Segnali. La signora Thatcher continua a dimostrarsi un personaggio poco piacevole, empaticamente parlando, anche se ottimamente interpretato (seppur mantengo qualche remora sulla Anderson); le sue motivazioni, la sua forza non riescono ad essere quasi mai giustificate nel momento in cui scade volgarmente, lei stessa, nel mero sparlare della famiglia reale o nel mostrarsi al di sopra di tutto e tutti, consapevole che la sua forza è il suo attuale potere. Resterà sempre una figura ambigua, in bilico tra chi la osanna e chi non ha per niente gradito la sua politica, definendola disastrosa. Naturalmente, e aggiungerei come sempre, l’astio non mai apertamente dichiarato tra le due donne del Regno Unito va di pari passo con un altro evento, il licenziamento dell’addetto stampa reale: Michael Shea. Un uomo che effettivamente aveva molto da raccontare e lasciate le stanze reali lo ha anche fatto. Il portare a pari ritmo due storie parallele e legate solo su alcuni fronti, fa sempre in modo di mettere la storicità in equilibrio nella finzione. Non dobbiamo troppo fantasticare che la Regina abbia rilasciato dichiarazioni così alla leggera dopo aver combattuto con la Thatcher sull’ottenere sanzioni sull’abbattimento dell’apartheid. E nemmeno che il primo ministro stesso abbia osato così tanto nel confrontarsi con una Elisabetta così a disagio nello scontro, questo perché non c’è il tempo materiale di pensare ciò dato che sembra che ancora una volta la Corona sacrifichi il più sacrificabile che va da un semplice, ma fedele addetto stampa, ai membri stessi della famiglia, i più fragili. Per quanto sia uno di quegli episodi cari a Peter Morgan, che raccontano delle voci di corridoio piuttosto che dei pettegolezzi già spiattellati in prima pagina in passato, risulta molto forte il messaggio che vuole trasparire. Un messaggio insinuato troppo insistentemente in tutta questa stagione: arriva un’eccessiva crudeltà d’azione da questa rappresentazione della famiglia reale, che sembra condurre una lenta partita a scacchi dove è la Regina da difendere ad ogni costo, pedina di una grande scacchiera, dai movimenti limitati, che potrà pure muoversi in tutte le direzioni, ma di un solo passo (come appunto il re).
I fatti parlano da soli, non c’è bisogno di rincarare la dose, tutti hanno dei “parenti serpenti” quindi non vedo come ripeterlo ad ogni episodio possa mantenere quell’astensione di giudizio che ha caratterizzato la stagione scorsa, se non l’intera serie.

P.S.
Adoro Andrea e il suo rapporto speciale con la madre e l’insinuare da parte degli autori, ancora poco velatamente, il suo voler competere con Carlo, anche nel matrimonio con una Sarah Ferguson impressionantemente somigliante! E nuovamente non abbiamo assistito ad un matrimonio…



E infatti come una valanga, tutto quello che è stato nascosto sotto il tappeto, nell’armadio o riposto alla rinfusa nello sgabuzzino è venuto allo scoperto. È venuta allo scoperto l’eccessiva diversità tra Carlo e Diana. Anna sintetizza molto bene la loro storia, ma come tutti, nessuno aiuta nessuno. Siamo nel 1988 nel pieno della crisi. Siamo davanti ad una Diana completamente incapace di vedere la realtà, perciò lontana dall’accettarla. Il balletto sulle note di Uptown girl per il 37esimo compleanno del marito, la rappresentazione di una nota canzone de Il fantasma dell’opera, lo sguardo compiaciuto di Diana verso se stessa, credo che questo elenco parli da solo per Diana.
Diana non è una donna che si crogiola nell’ammirazione della sua stessa immagine, sicuramente trovava piacere nell’attenzione e nel sincero affetto che la gente le dava senza chiederle nulla in cambio se non essere se stessa. Tuttavia era cieca, fossilizzata in un amore che forse non è mai esistito, e Morgan ce lo dice chiaramente con i flashback di scene solo da noi già viste, niente di inedito, niente in più. Anche i regali al marito parlano chiaro, non c’è la ricerca di conoscerlo e capirlo, ma un eccessivo esibizionismo. Non è un ritratto cattivo della Regina del popolo, forse direi eccessivamente infantile, come un bambino che si sbraccia per attirare l’attenzione dei genitori, ma la famiglia reale non si fa abbindolare da questo modo di fare che proprio non riesce a concepire. È una cecità e superficialità differente rispetta a quella di Carlo, che tuttavia, data la sua maturità, risulta più deludente. E infatti non ci sono belle parole per un Carlo concentrato unicamente su se stesso, che permettetemi, avendo un po’ più di esperienza e una sensibilità diversa rispetto alla moglie, invece di riversarle addosso il veleno covato per anni a causa di altri, poteva benissimo comunicare con lei da persona civile. Parlavano due lingue diverse e nessuno dei due era davvero disposto ad ascoltare o tradurre l’altro. Stranamente è proprio la duchessa di Cornovaglia a mostrare un po’ di buonsenso e a riportare anche Carlo alla realtà, ma solo per un momento. Questo è sicuramente l’episodio più triste, l’episodio in cui è chiaro che Diana e Carlo non sono in grado di stare insieme, ma nessuno ascolta le loro urla. È triste vedere come la casa di campagna di Carlo sia anche di Camilla, è triste vedere Diana non riuscire a risollevarsi, venire divorata da questo matrimonio che desidera e non si sa bene perché e allora cerca amore, ovunque, sotto qualsiasi forma, prendendo ovunque quel poco che le viene dato.

Camilla is who I want. That is where my loyalties lie. That is who my priority is. Not the mother of your children? Don’t bring the boys into this. Alright. Not the woman you married?! 

Se non sei la Regina per cui tutto e tutti sono sacrificabili, diventerai tu il pezzo da sacrificare. Questa è la fine di Margaret Thatcher, pugnalata alle spalle dal suo stesso partito, da Jeffrey How. Stanchi della sua presenza e del suo protagonismo. Stanchi che non consulti il partito e governi per decreto. Il crollo di questa grande donna, che umanamente era simpatica come la lacca dei suoi capelli spruzzata per sbaglio in un occhio, ha segnato la fine di un’era. Quattro mandati, una chiusura apparentemente indegna, risollevata da un Elisabetta che, quando vuole, mostra una sensibilità da vera sovrana che non si nasconde dietro quel suo vecchio desiderio di essere una ragazza invisibile. La Thatcher scossa dalle lacrime di delusione per la fine di una parte importantissima della sua vita/carriera riceve l’onore al merito e per una volta non ha parole di rimprovero, ma nemmeno di gratitudine per la sua sovrana. Questo silenzio parla più di tutte le battute dette fino ad ora. Naturalmente ad una donna che cade pubblicamente, ma viene salvata e riconosciuta privatamente, ce n’è una che vive la situazione opposta: Diana. La scena che fa più male non è una Diana splendida in abito da sera, ma completamente sola a Balmoral, ma la discussione con un Carlo, dipinto come un grandissimo, ancora, egoista, che perde anche quel poco di senno che ha, incolpando Diana dell’infelicità di Camilla anziché se stesso.
Queste libertà di narrazione, scelte per questa stagione, hanno voluto raccontare ferocemente una realtà forse solo immaginata, con lo scopo però di mostrare e forse puntare sull’incompatibilità, la fragilità di due persone non unite con la forza, ma per ingenua volontà. Entrambi con le loro colpe, diverse come sono state diverse le azioni, ma entrambi colpevoli della loro distruzione.
Diana è sola, solissima dopo il colloquio con un sempre più burbero Jack Black… ah no, volevo dire Filippo; cerca disperatamente un appoggio, ma onestamente per salvare cosa?! È questa sua insistenza che ci dovrebbe far riflettere su chi fossero questi reali, su cosa puntassero nella vita, e farci aprire gli occhi, facendolo vedremo non solo una Diana sola, ma anche una donna senza progetti concreti, che non vanno oltre un tour di successo in America. Nonostante ciò, è chiaro che questi momenti di spontaneità pubblica di Diana, rivelano anche un grande potenziale, che tutta la famiglia reale, forse a parte Margaret, non ha mai posseduto e che dovrebbe costituire la forza di questa grande donna inconsapevole di chi sia e cosa voglia.
Una guerra sta per iniziare, e non sarà solo quella del Golfo, gli occhi della Regina del cuore delle persone parlano da soli.

È una famiglia crudele quella Reale? Sì, ma non di più di tante altre.

Questa per me è la Serie del 2020, una serie che continua a dare voce e vita attraverso un semplice sguardo a protagonisti della storia che ci hanno messo anni a trovare, forse, la loro vera strada, a lavorare su se stessi. Emma ha creato una Diana viva nello sguardo, reale e perciò bella. È una donna schiacciata da un destino che si è scelta consapevolmente, ma che non meritava l’indifferenza di chi per lo meno poteva esserle amico o vicino. Aveva bisogno di essere guidata in questa sua crescita personale e la distruzione fisica e psicologica della principessa è espressa senza troppi fronzoli e con estrema delicatezza da un’interprete che, direi giustamente, non ha voluto assolutamente recitare la parte della vittima. Johs si conferma ancora un attore valido, chiaro anche nei gesti, non solo verosimiglianti con il corrispettivo principe del Galles. Ripensare a quello che è stato una stagione fa e quello che ha realizzato ora, mostra il duro lavoro che c’è dietro un personaggio dai lineamenti poco marcati. La Coleman è stata un’ottima Regina, ma con degli occhi troppo buoni per il suo personaggio che mantiene le distanze sociali dagli anni ‘60. Ma la sua prova, la più difficile insieme a quella della Corrin, è superata a pieni voti sia in scene di solitudine in cui si mostrava una donna molto più riflessiva di quanto desse a vedere, e sia in scene più affollate dove dava grande prova di essere una donna intollerante ai sentimentalismi e alle tragedie familiari (della sua oltremodo).
Questa stagione è l’inizio di una nuova era, era che tuttavia non vedrà mai il tramonto della Regina come protagonista indiscussa della storia, regina che potrà anche avere il volto dell’adorabile Umbridge, ma ci sarà sempre. Lei è il punto fermo di tutto e tutti, che appunto con il passare degli episodi da protagonisti, pian piano diventano delle semplici comparse come Filippo, la Regina madre, Anna, ecc.

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2 thoughts on “Recensione | The Crown 4×07 – 4×08 – 4×09 – 4×10 “The Hereditary Principle – 48 to 1 – Avalanche – War”

  1. Ciao, vedere la recensione finale è stata il meglio di questa era (tanto per far capire quanto bene siamo messi stasera). Anche questo Hannus Horribilis (e non il 92 come si vedrà a breve in tale sede) sta per volgete al termine per fortuna di tutti noi.

    Mi viene in mente solo un’espressione per far capire come stanno le cose: a furia di nascondere lo sporco sotto il tappeto, finirai per inciamparci. Sia che si tratti di parenti scomodi che per il quieto vivere si è trovatato consigliabile dare per morti e per i quali è addirittura necessario ingaggiare Cormoran Strike vestito da prete per l’occasione.
    Sia che si tratti di un matrimonio ormai agli sgoccioli dove oramai nessuno ha più un briciolo di senno. Tra i rispettivi coniugi che non hanno nessun punto di riferimento e nessuna remora (l’ho già detto che Carletto mi ha profondamente deluso?!) e i parenti di lui che non sembrano volere vedere la gravità della situazione, l’unica che sembra avere un minimo di buonsenso è proprio Camilla. Quest’ultima, ben lungi dall’essere dipinta come quell’arpia arrivista che il mondo crede, è una donna sì innamorata di Carlo e l’unica capace di fornirgli il supporto che nessuno ha mai voluto dargli (a parte forse il compianto Mountbatten), ma è prima di tutto una donna pragmatica e realista, fin troppo consapevole che tra lei e Diana sarebbe una battaglia persa in partenza. Agli occhi del mondo lei non sarebbe altro che la strega cattiva che ha rubato il principe alla dolce principessa, e la storia finirà per darle ragione (anche se nemmeno lei si sarebbe immaginata la colata di fango culminata nella famosa intervista dello sputtanamento).

    Ho solo una domanda che mi frulla in testa: chi si prenderanno adesso come Tony Blair per quei fatidici giorni già affrontati nel film The Queen?

    Hasta la vista e buon anno (si spera!)

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    • Buon anno!! Su Camilla, per buona parte della serie, ho pensato che non ne uscisse poi così bene. Dati gli ultimi risvolti, non mi sono ricreduta, ma penso che la prima famiglia della duchessa ne abbia più risentito. Camilla è molto fedele a se stessa, è molto razionale, è quella che vediamo ora. Tuttavia il suo primo matrimonio non ne esce affatto bene. Nonostante ciò sono sollevata che anche altri, oltre me, abbiamo visto e capito molti personaggi e situazioni che vanno al di là dei soliti gossip del Cioè. Questo ci fa apprezzare meglio quel gran progetto che è The Crown.
      Per Tony Blair, attendiamo, anche perché il confronto col mitico film sarà scontato.
      Mi scuso, comunque per il ritardo nel pubblicare questi miei pensieri conclusivi, ma ci ho davvero messo un po’ a capire cosa questa stagione mi/ci avesse lasciato. Personalmente amarezza e quasi timore per quello che accadrà.

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