Non so se a qualcuno di voi è mai capitato di lasciarsi conquistare dalle copertine dei libri. Sì, lo so “mai giudicare un libro dalla copertina” ma che devo dirvi? Se una cosa è oggettivamente bella non si può ignorare.

Ed è così che ho scoperto il romanzo di Christelle Dabos.
Un giorno ero in treno e la ragazza davanti a me stava leggendo “fidanzati d’inverno”, l’ho cercato su google ed è bastato vedere il genere: narrativa fantasy. Non ho neanche letto la trama e mi sono fiondata nella prima libreria disponibile, sperando di trovarlo.
Questo libro è il primo di quattro (le copertine sono una più bella dell’altra). Lo scenario è il nostro mondo esploso in tanti piccoli pezzi, chiamati arche, ognuna con dei poteri speciali.
La storia è quella di Ofelia, originaria di “Anima”, arca semplice, accogliente, con origini quasi umili (un luogo che io definirei casa). Lei molto goffa e timida erediterà due doni: attraversare gli specchi e leggere il passato degli oggetti. Verrà data in sposa ad un uomo di un’altra arca, il “Polo”, luogo freddo sia nella temperatura che nell’animo di chi ci abita, e sarà costretta ad abbandonare casa.
Tra faide familiari, pensieri nascosti e oggetti capricciosi, Ofelia scoprirà che la scelta di quel matrimonio combinato non fu stata fatta a caso.
Parto con il dire subito che se cercate la classica storia d’amore siete nel posto sbagliato. Il romanticismo è ridotto all’osso se non del tutto assente. C’è sempre il pensiero del “ora succederà e io piangerò fiumi di lacrime” poi però non succede mai.
Però lo apprezzo! Siamo stanchi delle storielle superficialmente facili: i due si amano ma non possono stare assieme, uno dei due fa un gesto coraggioso, l’altro lo tiene per mano nei momenti difficili e vissero per sempre felici e contenti.
“Fidanzati d’inverno” è una storia d’amore sì, ma non convenzionale. È difficile nel profondo, oggettiva e crudele a tratti.
Per quanto riguarda i personaggi se di Ofelia puoi farti un’opinione (e stranamente mi piace) degli altri rimani interdetto. Thorn, il marito, è rude ma non lo è, altezzoso ma non lo sembra; insomma, l’impressione che ho avuto per tutta la durata della lettura è che mi lasciavo trasportare dalle sensazioni a pelle, come quando incontri l’amico dell’amico, ma non ci parli per più di due minuti anche se sei stato con lui più di un’ora.
Questa può essere un arma a doppio taglio, il cercare di tenere troppe carte nascoste può non farti entrare in empatia, e di conseguenza affezionarti, ai personaggi.
Trovo che l’ambiente creato dall’autrice sia affascinante e seducente (si nota molto la natura francese). Un mondo pieno di sotterfugi, intrighi e magia. E nonostante la scrittura alle volte statica, sappiamo per certo che le carte in tavola sono ancora poche, così facendo la Dabos fa crescere nel lettore una curiosità infinita (e io ho iniziato a farmi film mentali da sola).
L’ho trovato un libro interessante e diverso sia dal punto di vista della scrittura che nei personaggi. L’unica pecca è che mi è sembrato di leggere un prorogo di un altro libro, la sensazione di non essere riuscita ad affezionarmi a nessuno dei personaggi mi ha lasciata con la bocca secca.
Ormai, però, mi sono incaponita e voglio riuscire a psicanalizzare tutti i personaggi, in più la curiosità di tutte le carte ancora coperte mi fa venire voglia di leggere i prossimi.
Poi la stampa francese l’ha paragonato alle saghe della Rowling quindi chi sono io per giudicare?
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Me lo ricordo bene questo libro. E non l’ho comprato, ma si trovava nella biblioteca del mio paese nell’angolo dei consigliati. Devo dire che è una di quelle storie nelle quali, al di là dell’ambientazione e dei personaggi (tutti scritti bene anche se impenetrabili) non puoi fare previsioni e per questo secondo me funziona bene, spingendoti a volerne di più. Non sono andata oltre con gli altri perché dopo ho voluto dedicarmi ad altro (tra Dune e altre letture difficili). Magari appena le biblioteche riapriranno ci farò un pensierino.
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