Libri/Telefilm

Recensione | Gideon La Nona (No Spoiler)

Esce oggi, 17 novembre, per Oscarvault, Gideon La Nona, romanzo d’esordio di Tamsyn Muir e primo volume di una trilogia.

Gideon è un’orfana e una formidabile spadaccina, vissuta suo malgrado sin dalla nascita sul pianeta della Nona Casa. Ora, però, è pronta ad abbandonare il lugubre luogo in cui è cresciuta, popolato di scheletri, redivivi e suore inquietanti, per arruolarsi nell’esercito dell’Imperatore. Ma il suo piano di fuga non va come sperato perché Harrowhark Nonagesimus, Reverenda Figlia e necromante della Nona Casa, non la lascerà andare così facilmente. L’Imperatore ha convocato tutti gli eredi delle nove case per una prova che porterà i vincitori ad ascendere alla carica di Littori, figure misteriose con poteri sconfinati. Ognuno di loro ha bisogno di un paladino per partecipare alla sfida e Harrowhark ha scelto Gideon per accompagnarla in questa competizione sanguinosa e potenzialmente mortale. C’è solo un problema: Gideon e Harrow si odiano da sempre in modo viscerale. Sono una la nemesi dell’altra e una loro collaborazione è quanto di più assurdo Gideon potrebbe mai immaginare.

Versione breve della trama: necromanti lesbiche nello spazio.

Partiamo subito con il dire che Gideon La Nona è sostanzialmente un atto di fede e questo non lo rende un libro adatto a chiunque. Per la verità, è un romanzo molto ostico, complesso, che richiede tanta attenzione e che non permette al lettore di capire realmente cosa stia succedendo, perché quel qualcosa stia succedendo e il contesto in cui tutto si svolge. Il lettore assume il punto di vista di Gideon che non comprende quasi nulla di quello che avviene, anche quando è lei stessa a mettere in moto l’azione, e questa sensazione di spaesato non si dirada mai del tutto, anzi, tende ad amplificarsi con lo scorrere delle pagine. Per questo Gideon La Nona è un libro che richiede grande fiducia, fiducia nel fatto che prima o poi Tamsyn Muir ci permetterà di capire qualcosa di questo caotico, ricco, sanguinolento, pericoloso mondo popolato da scheletri che ha costruito. Bisogna dire, infatti, che se il lettore non trova un senso in ciò che sta leggendo, appare invece ben chiaro che l’autrice sappia dove stia andando e che muova i fili della narrazione con grande abilità, senza però disturbarsi a farlo capire al proprio pubblico. Gideon La Nona è l’espressione massima dello “show, don’t tell” perché tutto viene mostrato e niente viene raccontato o spiegato. Mai, in nessun momento, qualcuno si ferma a chiarire anche il minimo dettaglio di ciò che il lettore si trova sulla pagina. La narrazione va avanti, le informazioni ti vengono gettate in faccia senza particolare accuratezza e sta a te, che hai deciso di imbarcarti in questa mirabolante avventura, decidere cosa farne e cercare di mettere insieme i pezzi per avere anche solo un vago e sfocato quadro d’insieme. Questo non è di per sé un difetto, ma è anche un aspetto che rende il libro estremante divisivo e sfidante.

A questo worldbuilding così volutamente caotico, si aggiunge uno stile denso, sperimentale, fresco e molto particolare, che non facilita per niente la lettura. La scrittura di Muir è ricca, articolata, a tratti folle, che a volte sembra quasi allontanarsi un po’ troppo dai suoi personaggi, al solo scopo di mantenere un perenne stato di confusione. La narrazione, inoltre, è carica di ironia e di un umorismo molto grezzo, fatto di parolacce, battute spinte di dubbio gusto e botta e risposta tra i personaggi che rasentano il livello delle più infime chiacchiere da bar. Gideon è fondamentalmente una scaricatrice di porto, senza filtri, ed essendo il suo punto di vista quello che ci viene mostrato, è inevitabile che anche il racconto assuma queste caratteristiche. Il tutto è però bilanciato dalla presenza di Harrow che, pur non essendo di certo un’educanda, è molto più posata e riflessiva e decisamente meno sboccata e rozza, permettendo così alla storia e soprattutto ai dialoghi di trovare un equilibrio perfetto.

Il punto forte del libro è sicuramente il rapporto che si viene a creare tra Gideon e Harrow, protagoniste indiscusse della storia, anche se sono circondate da una serie infinita di personaggi con nomi improponibili e che vanno assolutamente ricordati perché sono tutti in qualche modo funzionali alle vicende (un consiglio: avvaletevi della pratica lista con nomi, soprannomi e ruoli che si trova all’inizio del libro). Suppongo che “necromanti lesbiche” e l’odio tra le due palesato sin dalla sinossi, siano elementi sufficienti a far intuire più o meno a chiunque che questo sia un “enemies to lovers” più che dichiarato, senza che questa informazione risulti uno spoiler. Dato per assodato questo, quindi, non si può fare altro che constatare la perfezione con cui Muir ha costruito il loro rapporto, l’avvicinamento lento e difficoltoso, i dialoghi serrati e quasi brutali nell’astio che traspare, i passi che Gideon e Harrow fanno l’una verso l’altra e l’incapacità che entrambe hanno di gestire anche la più minima deviazione da quel percorso di odio reciproco su cui hanno camminato fin dall’infanzia. Tamsyn Muir ha ampiamente dimostrato, già solo con questo primo romanzo, di poter fare scuola di slowburn (molto, molto slow) a chiunque.

Fino a qui non ho mai incasellato il romanzo in un genere, e questo perché è impossibile farlo. Gideon La Nona prende fanatsy, sci-fi, mistery, horror, una certa dose di violenza grafica, necromanzia, tecnologia futuristica, elementi pseudo-medievali, spade, scheletri ambulanti, magia e navicelle spaziali, li butta in un frullatore e quello che ne risulta è un qualcosa di originale e folle che, inspiegabilmente, funziona a meraviglia, rendendolo unico e inimitabile. Gideon La Nona non è classificabile perché non assomiglia a nulla, anzi, potrebbe quasi diventare esso stesso il capostipite di un nuovo genere, ammesso e non concesso che esista qualcun altro al mondo capace di gestire tutto ciò.

Chiudo con una piccola precisazione a cui tengo molto. Nelle settimane che hanno preceduto l’uscita del libro, ho visto più e più volte paragonare Gideon La Nona alla trilogia di Nevernight di Jay Kristoff. Ecco, da amante di Nevernight che dopo più di un anno sente ancora la profonda mancanza di Mia Corvere e di tutto il suo mondo, mi sento di dirvi che non è propriamente così. Di sicuro le due narrazioni hanno degli elementi in comune come l’ironia, anche se non lo stesso tipo di ironia, una buona dose di violenza, due protagoniste a loro modo atipiche e uno stile di scrittura che potrebbe sembrare simile solo a prima vista; ma Gideon La Nona e Nevernight sono anche due storie profondamente diverse e tutte le affinità superficiali che possono emergere dalle descrizioni, diventano in realtà punti di divergenza molto netti nel momento in cui ci si approccia alla lettura. Questo non rende Gideon La Nona un libro né peggiore né migliore di Nevernight, solo qualcosa di molto differente. Non fate, quindi, l’errore di avvicinarvici pensando di trovare il nuovo Nevernight, così come non lo scartate a priori se invece la trilogia di Kristoff non vi è piaciuta.

Penso di aver concluso e spero di avervi dato un’idea abbastanza chiara di Gideon La Nona da permettervi di capire se questa lettura possa o meno fare per voi.

Un sentito ringraziamento ad Oscarvault che mi ha permesso di leggerlo in anteprima.

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