Telefilm

Recensione | The Umbrella Academy S2 Parte Uno

Partirò dicendo subito che le mie aspettative per questa seconda stagione di The Umbrella Academy erano decisamente ridimensionate rispetto a quelle che avevo per la prima, uscita ormai un anno e mezzo fa. E il motivo è piuttosto banale: le aspettative tendono a far considerare mediocre un prodotto non eccellente ma comunque buono ed è un vero peccato.

Ecco, dopo aver visto la prima metà della stagione, mi sono ricreduta su tutta la linea. The Umbrella Academy è tornata con una trama principale più accattivante, più coinvolgente e senza alcuni dei cliché che ci avevano proposto, tipo il cattivo che diventa cattivo per vendicarsi di una brutta infanzia. Perciò, ho deciso di dividere la recensione in due parti per motivi di lunghezza, altrimenti sarebbe venuta fuori una tesi di laurea.

Ma prima di parlare dei nuovi episodi, facciamo un attimo un passo indietro. 

Avevamo lasciato i sei fratelli nel teatro, durante la fine del mondo del 2019, pronti per saltare in un vortice temporale e provare a sistemare le cose, che però non vanno come previsto. I nostri eroi disfunzionali atterrano nello stesso vicolo di Dallas, in Texas, ma in 3 anni diversi. Chi nel 1961, chi nel 1962 e chi nel 1963, anno in cui – per motivi non ancora chiari – scoppierà una guerra nucleare tra USA e URSS e il mondo finirà, ancora prima del dovuto. Insomma l’Apocalisse li ha seguiti anche nei viaggi nel tempo… 

Fortunatamente Cinque viene salvato dal sacrificio di Hazel, ormai “ripulito” e lontano dalle politiche della Commissione, e riesce a tornare indietro a dieci giorni prima dell’Apocalisse. Deve quindi riunire i suoi fratelli in modo da evitare la nuova fine del mondo. 

Ma cosa hanno fatto gli altri in questi anni di solitudine nel passato?

Luther ha abbandonato le vesti da eroe e combatte in fight club clandestino per conto di un mafioso. Non esattamente un glow up…
Diego, da Numero Due con la sindrome dell’eroe, una volta resosi conto dell’epoca in cui si trova, decide di provare a salvare il presidente Kennedy, ma gioca male le sue carte e viene internato in manicomio, dove conoscerà Lila, una ragazza un po’ strana che lo aiuterà ad evadere.
Allison è diventata un’attivista per i diritti civili degli afroamericani e si è sposata. Questa storyline è forse quella che ho apprezzato di più fino ad adesso, soprattutto perché è curata davvero bene, come esige il momento che stiamo vivendo. Era impossibile che non sorgesse un paragone tra le proteste, le discriminazioni e la brutalità della polizia degli anni 60 e quelle di oggi.
Klaus, il mio adorato Klaus, ha deciso di creare una setta, diventandone il profeta. Ha smesso di bere e infatti vive in simbiosi con Ben, salvo poi ricadere nel baratro quando viene rifiutato (o meglio, picchiato) da Dave, il ragazzo che aveva conosciuto nel Vietnam nella scorsa stagione e che, non avendo ancora vissuto la guerra perché siamo nel 1963, non lo riconosce nemmeno, così come non sa/accetta ancora di essere gay. Insomma, la vita non è facile per Klaus nemmeno negli anni 60.
Infine Vanya, l’unica che dopo il salto temporale ha perso la memoria e quindi non ricorda né chi è né di aver causato l’Apocalisse, viene accolta come tata da una famiglia che vive nelle campagne di Dallas, finendo per innamorarsi della madre. 

Una volta riuniti, la banda cerca di capire perché la fine del mondo li abbia seguiti e come fare per fermarla, ma nel frattempo si imbattono in loro padre, che non si riconferma certo un genitore modello. Infatti, dopo aver pugnalato Diego, si scopre che Reginald fa parte di una specie di setta che vuole uccidere JFK e che molto probabilmente questa sua presenza ha a che fare con lo scatenarsi dell’Apocalisse. Non manca nemmeno la Commissione, i villain della scorsa stagione, che continuano a cercare di uccidere Numero Cinque, ma questa volta, invece di Hazel e Cha-Cha, hanno mandato tre sicari svedesi decisamente inquietanti e che in 5 episodi non hanno detto nemmeno una parola. Tra le altre cose, tra i capi della Commissione non c’è più The Handler, interpretata alla perfezione da Kate Walsh, che al contrario ha perso posizioni e ora si è messa a proteggere Cinque con l’aiuto di Lila, che si scoprirà essere sua figlia adottiva. Quali siano le sue reali intenzioni, al momento non ci è dato sapere, ma di sicuro è uno dei personaggi più rivalutati.

Troviamo quindi, a mio parere, un notevole miglioramento a livello di sceneggiatura e resa dei personaggi, che sono decisamente meglio esplorati rispetto a un anno fa. Un esempio fra tutti è Luthor: abbiamo l’occasione di vedere il fratello-eroe, quello che non aveva abbandonato l’Umbrella Academy, nelle vesti di un ormai ex eroe disilluso, triste ed emotivo. “Sei così grande e grosso che a volte dimentico quanto tu sia sensibile”, gli dice Diego, forse per prenderlo un po’ in giro, ma dicendo a tutti gli effetti la verità. 

Non mancano poi i momenti comici che stemperano la tensione e regalano perle davvero divertenti, soprattutto grazie al cinismo di Cinque e alla sfacciataggine di Klaus. Ma la parte migliore di questa serie, la vera e propria ciliegina sulla torta, resta la colonna sonora. Le canzoni sono sempre azzeccate al momento, che si tratti di scene di riflessione, di ballo o di combattimento. Kudos in particolare alla scena di lotta alla fine del quarto episodio con I Was Made For Lovin’ You in sottofondo. Geniale. 

Insomma, questa era la recensione della prima metà di stagione. Sono parecchio entusiasta, come avete visto, quindi spero procedano sulla stessa strada anche nella seconda parte. Vedremo. Prima di lasciarvi vi invito a mettere mi piace a Parole Pelate, se non lo avete fatto, e poi a passare dalle nostre pagine affiliate.

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