Venerdì 15 Maggio è stata rilasciata su Netflix la quarta stagione di Skam Italia. Approdando sul colosso dello streaming, Skam ha perso la sua peculiarità di essere rilasciato con brevi clip quotidiane e la natura di prodotto cross-mediale che lo ha reso praticamente uno Skins 2.0, ma purtroppo le vicissitudini produttive che hanno afflitto la serie hanno reso questa l’unica possibilità per dare una conclusione alle storie delle matte e dei contrabbandieri. Va da sé, quindi, che questo aspetto che differenzia Skam Italia dagli altri remake non entrerà in alcun modo nella mia recensione. Sarebbe infatti insensato parlare di qualcosa per come sarebbe dovuto e potuto essere piuttosto che per come esso è realmente. Tanto comunque gli argomenti di discussione non mancheranno. E a tal proposito, mi sento di fare alcune premesse prima di iniziare a parlare della stagione, con la consapevolezza, acquista in anni di militanza e di osservazione dei più svariati fandom, che tanto non serviranno a nulla. Parto con il dire che non sono una ragazza musulmana, che questa stagione non parla di me e che quindi non leggerete nulla a riguardo della rappresentazione di questa tematica. Non è qualcosa che mi compete, c’è gente molto più qualificata e in diritto di me a parlarne per cui vi suggerisco di farvi un giro sul web prima di formarvi un’opinione sulla rappresentazione che questa serie dà della tematica. Quello di cui parlerò io è la stagione in sé, la sua narrazione, l’aspetto tecnico e qualche impressione personale su come le tematiche trattate siano arrivate a me. È ovvio, quindi, che da parte mia non ci sia nessuna presunzione di possedere l’assoluta verità o la totale conoscenza di questi argomenti. L’altra premessa è che sebbene a mio avviso già il materiale di partenza, ovvero la quarta stagione dello Skam originale, non sia di grande qualità, questa non può diventare una spiegazione o una giustificazione per ciò che che in Skam Italia non ha funzionato. È un remake, il che significa che non tutto deve essere identico e che, soprattutto, è quasi obbligatorio tentare di sistemare ciò che è raffazzonato o fatto male nella fonte di ispirazione. “È così anche nell’originale” per me non è una scusa ma un aggravante. Significa non aver colto le criticità del prodotto a cui ci si ispira e che si vuole trasporre nel proprio contesto. Questo ovviamente non vuol dire che cambiare sia necessariamente un miglioramento, ma che almeno un tentativo andrebbe fatto. C’è chi nello Skamverse ha avuto questo coraggio e, a mio modesto parere, i prodotti ne hanno beneficiato moltissimo, ma se anche così non fosse stato, almeno gli errori fatti da questi remake che hanno apportato delle modifiche sarebbero stati del tutto loro e non la brutta copia delle mancanze fatte da altri. Immagino che viste queste premesse si sia capito che il mio giudizio sulla stagione sarà tutt’altro che positivo, ma bando alle ciance e cominciamo.
La quarta stagione di Skam Italia si prefigge l’obiettivo di raccontare la storia di Sana, una ragazza nata e cresciuta in Italia, fermamente convinta della sua fede nella religione islamica che si trova ogni giorno a dover conciliare il suo credo con la vita di una normale ragazza all’ultimo anno di liceo. Ma la serie riesce davvero a farlo? A mio avviso no, o quanto meno non quanto dovrebbe e vorrebbe. La fede in Allah è presentata più e più volte come una scelta di Sana, come qualcosa che lei vuole e senza cui si si sentirebbe incompleta, ma, a conti fatti, risulta solo un grande limite e un peso che lei stessa non sembra poi così contenta di portare. Ogni scelta ha dei pro e dei contro, ogni religione ha i suoi aspetti positivi e negativi e il cattolicesimo, se seguito alla lettera, non è poi così libero e poco limitante rispetto all’islamismo, ma tutto sommato la scelta di credere dovrebbe portare più gioia che pena. Questo, però, nel percorso di Sana non si avverte mai. Non c’è un singolo momento in cui ci viene mostrato che questa fede sia per lei un conforto, un sostegno o un porto sicuro, e non un peso che la limita e le impedisce di essere se stessa. E quindi qual è il punto di questa stagione? Sana ripete continuamente che il suo credo sia una scelta, che non le sia imposto e che sia lei a volere tutto ciò che esso comporta, ma alla fine queste parole non coincidono mai con le sue azioni e il suo stato d’animo. Ecco perché, secondo me, la stagione ha completamente fallito. Voleva mostrare una liceale che nell’Italia del 2020 sceglie consapevolmente l’Islam, senza alcuna imposizione da parte della famiglia, e che ogni giorno deve mettere d’accordo la sua religione con ciò che la circonda, ma finisce solo per rafforzare l’idea di come la religione sia in realtà un limite per Sana che le impedisce di esprimersi e realizzarsi. Sana non scende a compromessi con se stessa, non trova il modo per essere libera nel credo che ha scelto, piuttosto lo accantona quando è necessario per rimandare ad un futuro più o meno prossimo il conflitto che sta alla base della sua storia. in definitiva, quindi, l’intenzione era buona, ma la messa in scena è mediocre, a tratti disastrosa, e spesso e volentieri contribuisce solo a rafforzare gli stereotipi che si era prefissa di abbattere.
Prima di analizzare nel dettaglio le parti che più mi hanno infastidito ed irritato a livello di trama e contenuto, faccio un paio di annotazioni sul lato tecnico. Dopo la fotografia cupa e ansiogena della terza stagione, che poco c’entrava con le due precedenti, siamo tornati alla luminosità e alla delicatezza a cui Skam Italia ci aveva abituati. A questo si aggiungono una regia tutto sommato fluida e Roma che regala, come sempre, scorci e ambientazioni meravigliose. Nota dolente è l’eccessivo uso di slowmotion, ripreso pari pari dall’originale, che spezza il ritmo delle scene, sottolineando inutilmente l’arrivo dei personaggi, anche quelli di contorno, o enfatizzando momenti che sarebbero giù abbastanza d’impatto senza l’effetto finto drammatico. Ancora peggio è la colonna sonora tamarra, anche questa ripresa dall’originale, che sembra uscita da un qualsiasi capitolo della saga di Fast and Furious e che ben poco c’entra con la dimensione intima e personale che la storia di Sana avrebbe avere. Piccolo apprezzamento per Miss Keta e Elettra Lamborghini (perché in spagnolo?) che hanno dato tregua alle mie povere orecchie, nonostante nemmeno loro mi sembrino particolarmente adatte a questa stagione. La recitazione oscilla invece tra il decente e l’orripilante, ma Skam Italia non ha mai brillato da questo punto di vista per cui non c’era da aspettarsi nulla di più.
Fatta questa panoramica generale, andiamo ora ad analizzare alcuni momenti specifici della stagione.
- Il gruppo di amiche che non sa nulla di Sana
Questo gruppo di ragazze si è formato ormai da tre anni, ci vengono dipinte come molto unite e quasi inseparabili. Poi però nessuna si accorge che Sana sia a disagio alle feste, nessuna sa nulla della famiglia di Sana e nessuna pensa anche solo minimamente che un certo tipo di vacanza potrebbe metterla a disagio. L’importante è fare quello che vogliono, che poi Sana sia o meno d’accordo o felice di farlo, è irrilevante. Che dire? Belle amiche. Quasi quasi invidio Sana per avere attorno a sé delle persone così accorte e premurose nei suoi confronti.
- Il linguaggio
“Smalto da puttana”, “secca di merda”, “malato mentale” e tante altre espressioni di questo tipo rendono palese il fatto che Bessegato e compagnia cantante non abbiano capito che questa serie parla di ragazzi ma soprattutto ai ragazzi. Per me è inaccettabile che in un prodotto come Skam che parla di accettazione di sé e degli altri, disturbi mentali e femminismo, venga usato un simile linguaggio senza che ci sia un contraltare, senza che venga fatto capire che certi termini non vadano usati, sopratutto nell’adolescenza quando le persone si stanno formando e sono emotivamente fragili. “Malato mentale” in una serie in cui uno dei personaggi più amati soffre di disturbo borderline della personalità, non si può davvero sentire. “Secca di merda” detto da una ragazza, Federica, che non ha un fisico aderente ai canoni estetici imposti dalla società e che molto probabilmente si sarà sentita deridere più di una volta per il suo aspetto, è un insulto a qualunque spettatore abbia un minimo di capacità critica. E poco mi interessa che stesse difendendo Silvia. È body shaming, nello specifico thin shaming. Ma ovviamente nessuno si indigna, cosa che invece sarebbe avvenuta se l’altra ragazza avesse chiamato Federica “cicciona di merda”, perché le discriminazioni vengono viste solo quando fanno comodo o quando non richiedono uno sforzo troppo eccessivo. “Smalto da puttana” usato per denigrare una ragazza in una serie che fa dell’essere femminista una delle caratteristiche principali di una delle sue protagoniste, è sbagliato da così tanti punti di vista che non saprei nemmeno cominciare. Una donna appariscente non è una puttana, Una donna che cura il proprio aspetto non è una puttana. Una donna che si approccia ad un ragazzo, più ragazzi o anche ad un ragazzo diverso tutte le sere, non è una puttana. Una donna che vive liberamente la propria vita sessuale non è una puttana. Una donna che non si vergogna dei propri desideri non è una puttana. Ed è umiliante che nel 2020 un gruppo di ragazze ancora si appelli alla condotta sessuale di una donna per denigrarla
- Elia innamorato di Sana
Basta, veramente basta. La scena poteva essere vagamente divertente la prima volta, quando lui era sbronzo e poco lucido, ma doveva finire lì. Portarla avanti l’ha resa solo imbarazzante, noiosa e a tratti triste quando ci si accorge che Elia è davvero interessato a lei e che forse così bene non sta nel ricevere continui rifiuti. Chissà cosa ci sarà di così divertente nel vedere un ragazzo rendersi ridicolo per attirare l’attenzione di una ragazza, per altro tirando in continuazione in ballo una tematica che per la suddetta ragazza è importante. Ragazzo che, alla fine, rimane comunque solo e viene casualmente avvicinato ad una con cui non ha mai parlato giusto per dargli il contentino. Mi è sembrato di rivedere la stessa patetica storyline abbozzata di Silvia e Luchino nella scorsa stagione. E non è stato bello. E già che parliamo di Elia come non menzionare il fan service della scena tra lui e Filippo, messa lì per scatenare le fantasie dei fan che dal nulla hanno deciso che questi due sarebbero stati una bella coppia, pur non avendo mai davvero interagito. Di per sé io non ho nulla contro il fan service, ma deve essere ben fatto. E questo non lo è.
- La scena del velo
Come già detto all’inizio, non parlerò del significato religioso del velo e della decisione di toglierlo o meno. Potrei sapere tutto a riguardo come non sapere nulla, ma come da donna bianca non mi arrogo il diritto di dire cosa sia razzista e cosa no, così da persona non musulmana non farò alcun discorso riguardo l’hijab e la scelta di portarlo. Quello su cui vorrei porre l’attenzione è invece il fatto che per l’ennesima volta Sana avesse professato come decidere di portarlo sia una sua scelta e che per ogni donna abbia un motivo diverso, ma poi non sappia se possa o meno toglierlo davanti a due ragazzi omosessuali. Di nuovo, dov’è qui la consapevolezza nella scelta di portare il velo se poi nemmeno lei sa a quali condizioni può decidere di toglierlo? Il problema non è tanto che lo tolga o che non lo tolga, ma che millanti una convinzione nella sua scelta che poi è inesistente. Al di là della pochezza della scena in sé, è proprio l’incoerenza di fondo in essa presente a non farla funzionare. Il “che fregna” di Filippo è così rozzo, villano, imbarazzante e fuori luogo che nemmeno merita un commento per me.
- Il confronto tra Sana e Martino
Partendo dal presupposto che questa sia forse una delle scene migliori dell’intera stagione, ciò non la rende esente da difetti che derivano tutti o quasi dall’aver ripreso in maniera pedissequa il dialogo della versione originale. Prima di tutto c’è il fatto che l’accostamento di due personeappartenenti a minoranze discriminate, diventi in realtà una gara a chi lo è di più e a chi dei due capisca meno la condizione dell’altro. A questo poi si aggiunge il fatto che Sana lamenti delle generalizzazioni, del tutto veritiere, nei riguardi dei musulmani ma che poi si arroghi il diritto di fare lo stesso con gli italiani. Non so voi, ma percepisco una certa ipocrisia di fondo, che tutto sommato potrebbe anche essere comprensibile guardando l’età della protagonista. E all’ipocrisia aggiungiamo l’incoerenza nel dire che le persone discriminate debbano rispondere alle domande stupide degli ignoranti, intesi come persone che non sanno e per questo motivo domandano, per educarli, salvo poi non far spiegare ad esempio a Sana perché il suo mettere il velo sia una scelta femminista. Questo è forse lo spunto più interessante dell’intera conversazione ma non viene minimamente approfondito. lasciando allo spettatore ignorante il compito di informarsi con il rischio di cadere in spiegazioni incomplete o errate. Già che il tema è stato tirato fuori, forse sarebbe stato il caso di affrontarlo seriamente.
- Il non bacio
Capisco a livello teorico perché si sia scelto di non far avvenire alcun bacio tra Sana e Malik ma non condivido la scelta e soprattutto la messa in scena della cosa. Se il bacio è un problema per Sana, se la situazione la mette a disagio con se stessa e con la sua religione, allora forse sarebbe meglio evitare di creare proprio la situazione. Soprattutto quel tipo di situazione così intima e quasi provocatoria. Mailk si mette appositamente di fronte a Sana a poca distanza da lei e lei non si sposta. Quasi lo provoca chiedendogli “cosa fai?” e lui giustamente risponde “niente”. Perché non può fare niente, anche se entrambi vorrebbero. Questo finale è esattamente il motivo per cui sostengo che il percorso di Sana in questa stagione sia di fatto inesistente e che lei non abbia trovato davvero un modo per essere musulmana nella vita che ha scelto di vivere. In più nella scena finale in spiaggia ci vengono mostrati come se fossero una coppia quindi qual è la situazione? Stanno insieme? E la religione? E il matrimonio? A cosa è servita questa stagione se alla fine restiamo con le stesse domande dell’inizio?
Spezzo però una lancia a favore di Malik e del suo “malikismo” perché con lui è stato fatto davvero un buon lavoro di compromesso. Malik ha smesso di credere nella religione per colpa degli esseri umani, ma non ha smesso di credere in Allah e nei suoi precetti, continuando così a vivere secondo i valori di un buon musulmano senza però professarsi tale. Ora, non dico che per Sana si dovesse trovare una risoluzione così “drastica”, però questa sarebbe stata la strada giusta. Malik ha trovato la sua dimensione, giusta o sbagliata che possa apparire dall’esterno, e ora sta bene con se stesso mentre Sana inizia e finisce la stagione rimanendo sempre allo stesso bivio.
- Martino e Niccolò
Un disastro. Un autentico disastro. Questo rapporto non è cresciuto, non è migliorato e i personaggi sembrano fermi allo stesso punto della seconda stagione. Forse sono addirittura regrediti. Non parlano, non si confrontano, non c’è fiducia nel rapporto e alla minima difficoltà si allontanano. “Minuto per minuto” per loro resta solo una bella frase, scopiazzata dalla versione originale, che però non ha alcun valore all’atto pratico. Intendiamoci, non è che questi due nondebbano mai litigare, ma con quale coscienza Martino prende e se ne va di casa lasciando Niccolò in balia di se stesso, ben sapendo cosa potrebbe succedere? Il disturbo borderline non scompare perché finisce la stagione e non guarisce perché Niccolò ha trovato l’amore della sua vita. A tutto questo si aggiunge che in questa storyline del loro litigio viene tranquillamente fatto outing ad un ragazzo, l’amico di Rami, che ha tutti i motivi del mondo per stare nell’armadio ma nessuno se ne accorge. Non spettava a Sana parlarne solo per tranquillizzare Martino e la sua immotivata gelosia, così come Niccolò aveva giustamente deciso di non farlo perché non spettava nemmeno a lui, nonostante questo gli stesse causando problemi con Martino. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una situazione in cui certe cose sono condannabili se colpiscono gli amati protagonisti, come appunto l’outing della Covitti fatto ai danni di Martino nella seconda stagione, ma le stesse dinamiche vengono trattate con leggerezza e superficialità se riguardano personaggi di contorno e sono funzionali a sistemare le cose per la coppia principale.
- La famiglia di Sana
Questo forse è il punto più confusionario della stagione, La famiglia è progressista ma conservatrice; musulmana ma non troppo; permissiva con la figlia per gli standard musulmani, o per quelli che noi pensiamo debbano essere gli standard musulmani, ma non abbastanza permissiva da non essere un problema per Sana; non le impone il credo ma il campo per i giovani musulmani è una condizione necessaria per permettere a Sana di andare in vacanza con le amiche; la madre di Sana le dice che in fondo non deve preoccuparsi ora della possibilità di non poter sposare Malik perché è solo al liceo ma le fa capire che alla fine capitolerà alla legge di Allah perché non ha scelta. Di nuovo, qual è il punto? Com’è questa famiglia e quanto davvero influisce su Sana? Sana difende i suoi genitori e li dipinge come progressisti e tolleranti ma poi all’occorrenza anche loro, come la religione, sono un ostacolo e una limitazione per lei. Non c’è una direzione chiara in questo senso e per l’ennesima volta al posto che smontare degli stereotipi si finisce solo per rafforzarli. Inoltre non arriva nemmeno una rappresentazione definita di una famiglia musulmana, ma solo quella di un normale nucleo familiare inserito in un contesto patriarcale in cui il padre decide e il figlio maschio è scevro da obblighi e responsabilità mentre la figlia femmina, in quanto tale, deve sottostare a ciò che le viene imposto. Non mi è molto chiaro, dunque, se l’idea di fondo fosse quella di mostrare come il problema sia dato dalla società e dalla cultura patriarcale in cui siamo immersi da secoli e non dalla fede religiosa, o se in realtà un’idea di fondo forte non ci fosse.
Potrei andare avanti ancora ma credo di aver toccato tutti i punti che io ho rilevato come critici all’interno della stagione. Tirando le somme, quindi, questa quarta e forse ultima stagione di Skam Italia rispecchia a pieno quello che questo progetto è sempre stato: un remake tecnicamente quasi impeccabile che mette in scena troppo fedelmente la storia originale, senza farla propria e senza tentare neanche di migliorarne i difetti. Per quel che mi riguarda Skam Italia avrebbe potuto essere un grandissimo passo avanti per le produzioni italiane e forse in parte lo è anche stato, ma non posso fare a meno di sentire un forte retrogusto di grande occasione sprecata.
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Dico soltanto AMEN (giusto per restare in tema religione).
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