Negli ultimi anni ho (ri)scoperto le serie televisive asiatiche (qui un approfondimento sull’argomento). La mia scelta è stata incoraggiata non solo da una grande varietà di temi e produzioni che spaziano dalla Corea del Sud alla Cina, ma anche dalla scelta di non produrre quasi mai una seconda stagione. Le serie diventano prodotti unici, che possono lasciarci con la speranza che ci possa essere un seguito per darci quelle risposte che non abbiamo completamente ottenuto. Le produzioni asiatiche amano lasciare al pubblico la facoltà di immaginare il loro seguito, e malgrado ciò alle volte sia snervante in quanto è diventata una moda non chiudere definitivamente le porte, noi pubblico sappiamo per certo che ce ne faremo una ragione, speranza o non speranza.
(La vera risposta del perché accettiamo qualsiasi finale asiatico)
Tuttavia nell’ultimo anno ho segnato nella mia lista telefilmica 2-3 titoli da recuperare nel firmamento televisivo occidentale. Non sono pentita di essere ritornata alla lingua inglese, ma delle dinamiche puramente economiche di rinnovi e cancellazioni, non ne sentivo la mancanza.
Già in passato ho trattato l’argomento, estendendolo anche a film dai numerosi e/o dovuti seguiti. Ma all’epoca ci scherzavo su, a quei tempi le delusioni si contavano sul palmo di una, o forse due mani. Ricordiamo la tanto discussa Veronica Mars, stroncata per pure vicende interne delle emittenti alla terza stagione, che nel corso del tempo ha ottenuto la sua rivincita col film del 2014, per poi perdere la sua scommessa personale nel 2019 con la tanto attesa quarta stagione su cui tutti tacciamo perché per noi non è mai esistita. Di cancellazioni storiche e ingiustificabili abbiamo taccuini pieni: The secret circle, sento ancora l’eco delle petizioni dei fan infuriati, Gavalant, un branco di ragazzini con gli ormoni alle stelle che cantano (Glee), sì, dame e cavalieri, no… ok, Sense 8, che se volevano due soldini per rinnovarla li trovavano, e invece no, ma senza il contentino/film conclusivo poteva andare(ci) peggio e più recentemente il caso Anne with an E, serietv Netflix.
Il punto è che con l’eccessiva proposta che c’è oggi, naturalmente la scelta di rinnovo ricade su prodotti che portano più guadagno o rassicurazioni facili a casa, perciò qualità ed originalità non sono più da tempo sinonimo di successo. Le rassicurazioni devono essere date alle emittenti come anche al pubblico. Mi spiego meglio. Nel primo caso si parla di numeri, che risulteranno positivi in seguito alla scelta di un cast conosciuto, una trama che stuzzica gli appetiti, e magari già collaudata da altri, e altri trucchi del metterei. Oggi però le serie si sono ancor di più trasformate in un disimpegno molto leggero, visibile soprattutto nella struttura e nelle dinamiche degli intrecci. Vogliamo distrarci e non impegnarci, non più immedesimarci. La vita è diventata frenetica e le serie sono lo svago perfetto per distrarsi. La nostra realtà parallela. Se siamo onesti con noi stessi constateremo che in un anno le serie che abbiamo guardato conteranno quelle facilmente reperibili su qualche piattaforma streaming di cui disponiamo, serie dalle stagioni brevi, le cui puntate sono uscite tutte insieme, e dagli argomenti più disparati, ma quante serie impegnative, davvero avremmo visto. Non facciamocene una colpa, non c’è niente di male, questi ritmi e disponibilità immediate però ci hanno automaticamente portato a considerare le serietv in maniera diversa, rendendo più evidentemente quel divario tra produzioni di serie A e quelle di serie B. Ma chi lo stabilisce? Noi, con i nostri gusti e con la voglia di non dare più a tutti un’equa possibilità, che è impossibile oramai. Quindi i gusti sono un altro fattore che incide sulla scelta dei rinnovi e delle cancellazioni.
Per esempio ho recentemente visionato una nuova serietv Netflix, Virgin river, tratta dai romanzi, piuttosto numerosi, della scrittrice Robyn Carr, che riporta sul piccolo schermo storie semplici, di amori finiti, di traumi da superare e dalla costante ricerca di se stessi che pare sia possibile questa volta tra i monti della California. La totale mancanza di originalità non è un limite, anzi si potrebbe riportare in voga un genere televisivo ormai morto e sepolto in questo caso. Per me la resurrezione non c’è stata, ma Netflix lo ha rinnovato. Questo annuncio è seguito ad un altro che mi ha lasciata interdetta, la conclusione di Anne with an E. Anche qui si parla di trasposizione di certamente non pochi romanzi, le decisioni di Netflix sono anche dipese dell’emittente canadese con cui collaborano, e i costi di produzione saranno più elevati, ma perché rinnovare una serie che sicuramente non avrà vita lunga e la serietv basata sul romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery, invece, merita questo trattamento? Senza contare che questa notizia ha destato scalpore anche a Hollywood, attirando le attenzioni di un dispiaciutissimo Ryan Reynold. Ho Letto attentamente i commenti sul web per dar pace alla mia coscienza. Non ho rintracciato, se non pochissimi pareri sull’incostinstenza di Virgin river. Non si grida al capolavoro, ma neppure mezzo cenno alla recitazione mediocre di alcuni membri del cast, ad una trama che fa il verso a tante altre serie, o comunque a tutti quei piccoli errori che la possono rendere una serie piacevole, ma certamente non da rinnovo. De gustibus non disputandum est, ma la chiave di lettura di questa riflessione forse già sentita, forse senza senso, sta in quel piacevole che attira il pubblico, lo mette a suo agio e consente all’emittente di turno di fare sogni tranquilli, oscurando serie con più potenziale.
Le dinamiche logicamente sono più complesse e spesso una risposta proprio non riusciamo a rintracciarla, se non fosse che è molto probabile che la scelta di rinnovo dipenda da un lancio di dadi o dal piede con cui gli autori, produttori e tutta la crew si è svegliata una certa mattina.
Prendiamo l’esempio di Lucifer, cancellato dopo la terza stagione dalla sua emittente Fox. Non è un capolavoro, è la solita serie procedural con un personaggio fortemente carismatico a cui tutto ruota intorno e la trama verticale è solo lo strumento per avvicinarlo ancora di più alle proprie scoperte personali. Tuttavia è una serie magnetica che tutti hanno visto, anche un solo episodio e dopo l’adozione di Netflix, tutti ne continuano a parlare. Non sarà stata una serie brillante, originale, ma un prodotto televisivo valido, sì. Lucifer è l’esempio che non solo delle sceneggiature originali, con un apporto tecnico adeguato e un cast di valore, vengano lasciate in panchina, ma anche serie facilmente vendibili. La CW, ad esempio, con tutti i suoi supereroi, i mille universi e le tutine attillate è l’emblema di come porti avanti le sue serietv perché vendono o si vendono. Non gli interessano gli ascolti, non poi così eccezionali, tanto vendono in tutto il mondo.
Questa situazione si è creata anche per l’insistente moda di quasi ogni emittente di riproporre gli stessi temi, nella speranza di avere anche loro la propria serie medical, crime, ecc. di punta e concorrere alla gara. Tutti i paesi possono partecipare e la lista pubblicata da Netflix sulle serie più popolari del 2919 parla chiaro: al primo posto la Casa di carta 3, per poi a seguire titoli come Baby 2, Élite 2 e Tredici 3. Mode, curiosità, un po’ di trash. Niente The Crown, Love, Death+Robots e neppure Mindhuner. È Proprio da quest’ultima serie di David Fincher che è partita la mia riflessione. Gli attori sono stati sciolti dal contratto perché il produttore è impegnato in altri progetti e quindi se mai ci sarà una terza stagione non sarà a breve. Non siamo nuovi a queste notizie. Ricordo un Joss Whedon impaziente nell’ottenere una risposta sicura sul rinnovo di Angel, spin-off di Buffy, per poi chiudere la serie con un cliffhanger che non verrà mai sciolto.
Per quanto noi stessi siamo parte integrante di questo processo, e quindi abbiamo un ruolo in tutto ciò, per noi pubblico c’è un rispetto scarsissimo. Serie che vanno, serie, troppe, che arrivano, ma chi rimane davvero siamo noi pubblico con i nostri telecomandi, i nostri divani e le nostre sempre maggiori cocenti delusioni. Tante storie nel dimenticatoio, ma c’è soluzione o siamo destinati a vivere un’eterna e perpetua cancellazione?
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Ed Infine un grande grazie alla nostra Amigdala per la grafica.