Destini intrecciati, regni in conflitto, magie e maledizioni. La trilogia firmata da Peter Jackson all’inizio degli anni 2000, ha influenzato tutti i prodotti audiovisivi successivi che si volessero avvicinare al fantasy medievale, rendendo questo sottogenere davvero difficile da affrontare. Come spesso succede, un grande successo genera tantissimi prodotti che richiamano quell’immaginario, pur avendo materie di riferimento diverse, e The Witcher, serie Netflix tratta dai libri di Andrzej Sapkowski, non è un’eccezione. La consapevolezza degli autori di rischiare più volte la sensazione di “già visto”, è uno dei maggiori punti di forza del progetto, il quale dovrà tenere in considerazione che oltre a Il Signore degli anelli, una delle più imponenti opere televisive di quest’ultimo decennio è stata Game of Thrones, anch’essa inseribile nel fantasy – medievale.

Il fallimento era dietro l’angolo. Forte di una fan base affezionata alla serie di libri e alla saga videoludica tratta da essi, The Witcher aveva ancora prima di uscire sulla piattaforma, un’attenzione notevole che difficilmente l’avrebbe portata a essere un prodotto fallimentare in partenza come The Shannara Chronicles. Il paragone con Game of Thrones pur calzando nell’ambizione produttiva, si ferma a essa poiché la struttura narrativa ricorda molto di più quelle serie anni 90 come Hercules o Xena, dove c’erano delle quest giornaliere (Geralt deve sconfiggere una creatura) e una storyline principale che si concentrava maggiormente nelle ultime puntate della stagione. The Witcher prende questo modello di racconto e lo infarcisce di altre due segmenti narrativi, mentre Game of Thrones fin dalla prima stagione introduceva tantissimi personaggi e conflitti.

Nell’incipit di questa recensione faccio a riferimenti a elementi ricorrenti in questo genere, i quali sono anch’essi presenti nella serie e circondati da una trama che vede Geralt di Rivia, uno strigo, guadagnarsi da vivere uccidendo mostri in lande desolate fino a quando il destino lo raggiunge, proiettandolo verso delle avventure che vedranno magia, sangue e morte. Fin dalla prima puntata molto confusa, è subito intuibile come The Witcher abbia a cuore il suo protagonista, rivestendolo non solo di un’aura cupa e affascinante, ma facendolo relazionare negli affari con una posizione politica ben precisa: il male minore non esiste. Coerente con questa ideologia, Geralt sceglierà i suoi incarichi solo in merito alla sua giustizia personale e non a quella di due fazioni in conflitto, pur perdendo numerosi vantaggi economici.

Non c’è solo lo strigo ad avventurarsi in questo mondo crudele e violento, l’altro personaggio di spicco è Yennefer, maga esperta dal percorso di crescita molto interessante, legato alla bellezza e al potere. The Witcher è un lungo crescendo di otto puntate che riescono a costruire dei personaggi interessanti, in un mondo ancora poco esplorato ma con tutto il potenziale di divenire un magnifico luogo di racconto, pur ricordando tantissimo altro e faticando molto a realizzare un ambientazione memorabile. L’idea di adattare tutti i libri dipenderà dal successo del progetto e se l’origine di tutto è sempre molto interessante per via delle novità, lo sviluppo della storia sarà sempre più arduo da narrare.
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