Quando si vuole narrare una storia che conoscono quasi realmente tutti, come quella di Pinocchio, lo sguardo del cineasta è davvero tutto. La pellicola di Garrone non è di certo la prima a voler adattare il testo di Collodi, ci sono stati l’indimenticabile classico Disney e anche il film diretto e interpretato da Benigni, insieme a tantissimi altri adattamenti tra teatro e cinema. Per questo, il punto di vista dell’autore su una storia universale e conosciutissima, rappresenta la vera differenza, specialmente in questo progetto cinematografico così gettonato. Garrone oltre ad essere un regista esperto e capace, ha dimostrato con Dogman di saper raccontare anche una tenerezza smisurata tra genitore e figlio, punto cardine della storia di Pinocchio, perciò c’era tantissimo potenziale in quest’ultimo adattamento. Qualcosa tuttavia è andato storto.

L’inizio del film fa ben sperare, c’è un autunno durissimo e la fotografia sembra voler indirizzare il racconto verso la sua cupezza, la quale è sfondo di una povertà in primo piano che coinvolge Geppetto e chi come lui, vive in quei luoghi desolati dove tutti cercano di approfittarsi dell’altro. Sembra quasi di vedere Oliver Twist di Roman Polanski. L’arrivo di Pinocchio nel film, conferma il talento di Garrone nel rapportarsi all’amore che coinvolge padre e figlio, quella prima parte così tenera e feroce nel raccontare la storia di Pinocchio, è davvero potente. La pellicola prosegue e le tappe intraprese dal protagonista burattino conducono lo spettatore verso dei binari più adatti al cinema per famiglia, il quale non può permettersi di mostrare la crudeltà di certe azioni con uno sguardo cinico.

Cercare quell’approccio familiare è assolutamente lecito, tuttavia il contrasto tra due tipologie di modalità, trova nel Pinocchio di Matteo Garrone il punto più debole e riesce a farlo diventare una pessima proposta editoriale, destinata né totalmente al bambino né al genitore, cercando di trovare un equilibrio mancante che non arriva mai. Dai costumi, al make up e perfino nel sound design impegno e attenzione non mancano, tuttavia proprio lo sguardo di Garrone, elemento fondamentale per adattare Pinocchio, è riuscito a veicolare solo in parte quel potenziale che aveva questo progetto cinematografico, a partire dal cast e finendo con un cineasta notevole a guida dell’opera. Persino uno dei momenti chiave del film non è memorabile, poiché l’incontro tra Geppetto e suo figlio verso la fine del film non ha dietro di sé, un’opera così densa e duratura da permettere a noi spettatori, di emozionarci a dovere. È mancato un approccio unidirezionale alla materia di riferimento, davvero un peccato.
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