Reali, si chiude qui la nostra avventura. Probabilmente molti di voi avranno divorato questa serie nell’arco di pochi giorni dall’uscita del 17 novembre su Netflix. Io, come già preannunciato, ho preferito godermela a piccole dosi, spartendomela in quei momenti in cui avrei potuto apprezzarla senza interruzioni.
La serie storica targata Netflix, ideata da Peter Morgan, ispirata ad un progetto teatrale, The Audience, che vedeva gli incontri tra la regina Elisabetta II e i suoi primi ministri, ha concluso la terza stagione con un cast del tutto nuovo, ancora una volta nominato, e chissà se premiato, ai Golden Globes 2020.
The Crown si conferma sempre un prodotto televisivo di alto livello e solido, che sveste i panni del documentario nell’esatto momento che ci fa mettere piede a Buckingham Palace, mostrandoci i ragionamenti, i processi e gli eventi che ci hanno condotto ad un preciso avvenimento storico, non dal punto di vista della regina, ancora in carica, Elisabetta II, ma proprio della monarchia inglese. A volte la mano viene calcata su alcuni dettagli troppo romanzati, d’altronde una famiglia reale si presta facilmente alla favola o al dramma, ma il più delle volte si mantiene un dignitoso distacco esclusivamente british, come la condotta della sua sovrana. Possiamo sapere e/o immaginare cosa abbia pensato, passato, ma raramente un dialogo renderà ufficiali questi pensieri. Ed è proprio questa libertà che lo rende un prodotto intrigante, noi pubblico possiamo fare congetture, magari assistere a qualche scena “inedita“, ma spesso di personaggi più lontani dalla corona; la nostra sete di gossip verrà apparentemente soddisfatta, ma mai completamente saziata. Solo la verità verrà mostrata.
“That’s the thing about the monarchy. We paper over the cracks.”
Conclusioni 3×07:
Il principe di Edinburgo, Filippo torna ad essere protagonista. In questa terza stagione Elisabetta e Filippo sono stati in primo piano quanto gli altri membri reali, e Tobias si è ritrovato tra le mani un personaggio più spento, molto più burbero del solito e senza fede. Molte critiche sono state mosse alle intenzioni di The Crown, di accostare eventi storici significativi per la Gran Bretagna, come la frana di Abernfan, agli sviluppi personali dei protagonisti. In questo caso lo sbarco sulla luna di Armstrong, Aldrin e Collins, alla consapevolezza del principe Filippo è brillante. Un episodio che in 60 minuti ripercorre una ventina di giorni, dal 5 luglio del 1969 ad oltre il 20. Sono tutti eccitati per questa grande conquista. Sembra così chiaro che ora l’uomo abbia un destino che vada oltre questo pianeta. Questa è la facciata, che viene scalfita dal nuovo decano reale, Robin Woods, un uomo con le idee chiare soprattutto su cosa voglia fare, aprire un centro per accogliere una comunità di ecclesiastici (St. George South, e grande vanto del principe Filippo) che in preda ad una crisi di mezza età possano scambiarsi idee e consigli, per ritrovare la propria fede.
Filippo è quasi ossessionato dalla diretta dello sbarco sulla luna, è eccitato per una conquista che non è sua. Infatti questa sarà una gioia momentanea che scemerà con l’incontro diretto con gli astronauti. Continuo a ribadire che gli americani vengano delineati con tratti troppo volgari, duri e in questo caso come un branco di ragazzini di poco spessore. L’intervento successivo di Elisabetta, che farà notare al marito che anche se i tre astronauti non sono delle brillanti menti filosofiche, sono preparati e i migliori nel loro campo, a poco varrà. Ci risulta più facile immedesimarci nella delusione e/o disgusto di Filippo. Finalmente Tobias Mezies emerge col suo principe consorte; ha la possibilità di non seguire mollemente il lascito del Filippo di Matt Smith, ormai “addomesticato” dalla tirata d’orecchie della moglie. Il principe Filippo è una figura complessa, lontana dall’idea di principe consorte rappresentato magari sullo schermo da Albert, marito della regina Victoria nell’omonima serie. Per quanto si senta privo di uno scopo nella vita, non combatte con le unghie e con i denti per avere una posizione più consona all’interno della sua famiglia. Accetta chi è, ma non è riuscito a fare i conti con l’insoddisfazione personale.
E perciò dopo aver esplorato una gioia non sua, ritorna al punto di partenza, ritorna da chi aveva disprezzato, il decano Woods e gli altri preti. Erano il riflesso del suo fallimento. È uno degli episodi più profondi, che può essere un invito a riflettere sulla propria esistenza e che rende il duca di Edimburgo molto umano e fragile. Ci possiamo riconoscere tranquillamente nello sguardo accigliato di Tobias, che per un brevissimo momento abbiamo visto illuminarsi nel vedere la luna, un bambino, che poi si scontrerà prepotente con la realtà.
Note di merito ad Elisabetta, consapevole di tutto ciò e che ha imparato ad indirizzare il marito senza opporsi né come moglie e neppure come regina e ai piccoli Andrew ed Edward, troppo assenti in questa serie.
My mother died recently. She..she saw that something was amiss. It’s a good word, that. Amiss. She saw that something was missing in her youngest child, her only son – Faith. “How’s your faith?” she asked me. I’m here to admit to you that I’ve lost it. And without it, what is there? The loneliness and emptiness and anticlimax of going all that way to the moon to find nothing, but haunting desolation, ghostly silence, gloom. That is what faithlessness is. As opposed to finding wonder, ecstasy, the miracle of divine creation, God’s design and purpose.
Conclusioni 3×08:
Il duca di Windsor (Derek Jacobi) è quesi irriconoscibile se non fosse per il look stravagante soprattutto della sua Wallis. Per quanto la duchessa sia convinta che il marito non si sia mai pentito di aver rinunciato al trono per amore, tutta la serie vuole insinuare il contrario. 1970, Boise De Boulogne, Parigi. È un anno particolare che non solo vedrà la morte del re esiliato, ma il ritorno dei conservatori al potere, con un primo ministro molto riservato e criptico, Heath. Tuttavia questa non è la novità, anzi la notizia passa in secondo piano. Il duca di Windsor continua a farsi notare, anche in punto di morte, con l’incontro con l’imperatore giapponese Hiroto e la consorte. Anche dalle parole di questo altro monarca traspare l’idea che Edoardo VIII sia pentito di aver abdicato.
D’altronde la sua casa sembra il museo di un monarca e la stessa Elisabetta lo noterà. L’episodio è caratterzzato da tre punti di vista riguardo gli eventi che stanno per incombere; la Regina Madre e lord Mountbatten rappresentano la vecchia guardia, legati al passato, non dimenticheranno e facilmente perdoneranno quest’affronto alla monarchia; Lilibeth, invece, è invasa dai ricordi, o forse dalla compassione, in passato è stata arrabbiata con lui perchè costretta ad una vita che non aveva scelto, ma le cose sono cambiate. E il terzo punto di vista è quello di Carlo, che si rivede in lui, in questo ex monarca superfluo e indispensabile, che sarebbe potuto essere un grande re in un mondo più gentile. Nonostante ciò, queste due figure sono lontane, è più una sensazione di Carlo, legata al fatto che per le sue decisioni fuori dal coro, il fratello del nonno è stato allontanato, come tutti fanno con lui stesso. Ma Edoardo VIII è più fedele alla vecchia corona di quanto sembri e porge ad Elisabetta, a cui dà i dovutissimi rispetti, le lettere di un Carlo innamorato di Camilla Shand (Emerald Fennell) e con le idee chiare su che monarchia vorrebbe.
L’uomo in bilico è Carlo che fa la conoscenza di Camilla, una donna ancora legata ad un’altro uomo Andrew Parker Bowles, e la cui esistenza si allaccia ad una Anne molto poco sfruttata in questa stagione e che vediamo solo a tratti ribelle, testarda e libera. È la puntata forse più confusa perchè non vuole dare al duca di Windsor molto più spazio di quanto nella realtà abbia fatto la sua famiglia, e quindi assistiamo contemporanemente alla nascita di altre storyline, quasi per distrarci. Si chiude un’era con le dovute scuse da entrambe le parti, Elisabetta e David, e il pianto disperato di Wallis (Geraldine Chaplin, sì, la figlia di Chalie Chaplin). Nonostante tutto, nonostante i ricordi di una monarchia mai davvero avviata intrappolati nel loro palazzo di Parigi, Edoardo VIII non ha mai voltato le spalle al vero amore, Wallis, ma solo alla sua vocazione. E infatti tra tutti quei cimegli di una vita a Palazzo, ciò che più risalta è il volto devastato dalla disperazione di aver perso il suo unico vero amore della duchessa di Windsor.
L’unica favola davvero raccontata, si è conclusa.
Conclusioni 3×09:
He wasn’t like them. He was brighter, wittier, more independent of thought, more true to himself. And so, they united against him. And in that moment, as they looked at me, in some god-awful way, I realised… I have just replaced him.
Per il penultimo episodio si è deciso di chiudere proprio con la questione Carlo. In questa stagione abbiamo un quadro molto più chiaro di chi sia il principe di Galles, un giovane reale che ha una voce, che nessuno vuole ascoltare, un ragazzo sensibile, ma con le idee chiare, ma che come principe poco si è ancora esposto. È raro che in The Crown si mantenga un collegamento temporale con l’episodio precedente, in questo caso ci riallacciamo alla morte del re Edoardo VIII con i suoi funerali. Il collegamento è d’obbligo, non per le loro personalità similari, la stravaganza e l’egocentrismo del duca di Windsor sono estranee al carattere pacato e timido del principe Carlo, ma entrambi sono due uomini buoni e passionali, o forse, semplicemente diversi dagli altri membri della loro famiglia. È singolare come questa riflessione richiami alla mente l’episodio 3×02 in cui Filippo fa presente alla moglie che al fianco di regnanti equilibrati e quasi “anonimi”, ci debbano essere queste figure, a volte pericolose, da tenere a bada. Il suo è un punto di vista estremamente da monarca conservatore, ma è stato una premessa agli eventi successivi a cui abbiamo assistito.
Come spesso ho sottolineato, l’opera di Morgan non si perde troppo nel dare voce ai pensieri reali dei suoi protagonisti, ma con Carlo lo ha fatto spesso. A volte come un narratore onniscente, ci rende partecipi del suo stato d’animo e ci mostra con i suoi occhi come ha vissuto la sua giovinezza. Una famiglia schierata contro di lui. Effettivamente è stato così? Apprezzo il tentativo di addolcire il comportamento di Elisabetta nei confronti del primogenito, sicuramente grazie all’influenza delle lettere lasciatele dal duca di Windsor. Per quanto le informazioni arrivate a noi negli anni abbiano descritto i genitori del principe di Galles, freddi nei suoi confronti, ci appare quasi inverosimile questa indifferenza per un figlio. Infatti sarà la sovrana stessa il perno di due grande battaglie che si stanno svolgendo dentro e fuori Buckingham Palace nel 1974. Il primo ministro Heath mette a dura prova l’unione dei minatori, interrompendo la corrente per giorni e creando grandi disagi all’intero popolo britannico. C’è un’altra splendida analogia tra questa vicenda e l’interruzione del rapporto tra Carlo e Camilla. Sono entrambe faccende politiche e per entrambe, la regina sarà l’ago della bilancia, sentendosi, tuttavia, impotente di fronte a situazioni che sembrano non avere una via d’uscita “giusta“. Se la prima poi porterà al ritorno di Wilson al governo, la seconda vedrà ugualmente una misfatta, quella di Carlo.
Agghiacciante vedere come la Regina Madre e lord Mountbatten (Dickie), ancora una volta coalizzati, prendono in mano il destino di Carlo. Forse sarebbe stato meglio non assistere a tutto ciò, lasciarci solo intendere. Invece vediamo come se fossimo in una puntata di The Royals le macchinazioni, le convinzioni di chi pensa di sapere cosa sia giusto per gli altri e un’Elisabetta col cuore pesante per il figlio. Una madre questo non dovrebbe permetterlo, un monarca invece può. Essere una famiglia è una battaglia, questo viene annunciato nel discorso dei 25 anni di matrimonio della sovrana e il consorte. Una battaglia che tuttavia, come annuncerà successivamente Margaret, vedrà tutti morire come mosche bianche, tranne Lei che andrà sempre avanti.
Trovo tuttavia delle contraddizioni in questa puntata, Camilla ancor prima di ricevere pressioni sembra sinceramente confusa del suo rapporto con Carlo, improvvisamente, poi, scaricare la colpa sugli altri, asserendo un “è meglio per tutti così“, vedendola dopo non raggiante al suo matrimonio con Anthony. Questa la trovo una sbavatura in un episodio che ha puntato troppo nell’impietosire il principe Carlo, facendo sembrare tutte le decisioni una cattiveria della sua famiglia e non magari una decisione presa anche dalla stessa Camilla.
P.S. Seppur breve, il ritorno del primo ministro Wilson, ha riscaldato il mio cuore come quello della regina. Un uomo sincero e rispettoso non solo del suo monarca, ma della donna di fronte a lui. Un rapporto di vera fiducia.
Conclusioni 3×10:
Ritorniamo da Margaret, la principessa ribelle e chiudiamo questa terza stagione con la fine del suo matrimonio e l’inizio di una nuova era. Perchè questa stagione ha risentito di tutti i cambiamenti della finzione e della realtà, e dopo averli assimilati potrà cominciare un nuovo periodo (la stagione 4) con una nuova consapevolezza.
Henela Bonham Carter ha dato un’interpretazione di Margaret decorosa. È stata esuberante, a giuste dosi eccessiva e melodrammatica, meno viziata e più profonda. Quello che è mancato è un po’ di eleganza, come a tutto il cast se devo proprio sbilanciarmi. Ritengo che le povere Olivia ed Helena non siano poi state graziate dagli splendidi costumi che non le hanno minimamente valorizzate.
Sapevamo già dal matrimonio che questa unione non sarebbe durata, mai abbiamo essistito ad un gesto di particolare affetto, solo ad una Margaret che ama l’idea dell’amore a ad un Anthony particolarmente preso da se stesso. Ciò che li accumunava era la ricerca di se stessi, ma se Anthony, non trovando conforto in Margaret, ha trovato un suo senso nel mondo, la principessa “senza uno scopo“, no. Innamorata dell’idea di essere amata, non riesce ad affrontare con maturità la fine di questo matrimonio tossico. Non credo non si siano mai voluti bene, ma non sono stati capaci di compensarsi e aiutarsi a vicenda. Troppo grande è la fragilità di Margaret, e eccessivamente sconfinato il libertinismo di Anthony che ci presenta in questo episodio la sua futura moglie: Lucy Mary Lindsay-Hogg. L’interpretazione della Carter è magistrale, riesce ad oscillare tra la frivolezza esposta dalla sua predecessora, la Vircky, e la sofferenza accumulata ora. La sua relazione con Roddy Llewellyn appare sullo schermo non come un passatempo o il riempimento di un momento di noia, ma come la sostituzione di quell’amore che Margaret non ha mai raggiunto. L’apoteosi si raggiunge col suo “crollo” e lo sguardo stanco, un po’ da bambina colpevole della principessa e quello compassionevole e pieno di comprensione di sua sorella, che troppo spesso le ha voltato le spalle. Non è facile sembrare giovani, vecchi, stanchi e sereni in una sola volta, ma Helena ci riesce.
Doveroso il tentativo di non calcare troppo la mano sul gesto estremo, mostrandoci però tutte le reazioni dalla Regina Madre, così poco incline ad essere comprensiva (in questa versione) a quella di Lilibeth, sconvolta. Margaret si sente sola, anzi lo è, la famiglia spesso, non comprendendola l’ha messa da parte, non difendendola più nemmeno di fronte al comportamenteo inopportuno del marito. Questa però era la vecchia monarchia, Elisabetta ha capito meglio il suo posto non solo in questo regno ed epoca, ma anche nella sua famiglia e finalmente vediamo le due sorelle come non lo sono mai state, due donne senza un titolo, una famiglia. Margaret ha perso tutto e lo sa, ma dà alla sorella quello che lei non ha, la sicurezza di che cosa dignifichi essere regina, incoraggiandola, e Lilibeth dà alla principessa l’amore che tutti le hanno negato e che a volte lei stessa non ha accettato.
Il Giubileo del 1977 chiude questa stagione riacquistando un calmo equilibrio che più di una volta ha temuto di perdere. La monarchia ha un’utilità, deve nascondere le crepe, perchè se non lo facesse, si vedrebbe la voragine che divorerebbe tutti.
Questa stagione la commenterei per tutti con una citazione del duca di Windsor, l’ultimo non-monarca che era ancora in vita, e che con la sua morte ha dato pieni poteri alla monarchia di Elisabetta II:
Non hai più scuse per andare nella direzione sbagliata.
Una stagione quasi che difinirei di passaggio, ma decisamente molto matura e profonda, capace di trasmettere il suo messaggio con pochi, ma decisivi sguardi.
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Mi è piaciuto molto il riavvicinamento tra le due sorelle nel finale è questo secondo me ha dato un parziale senso di risoluzione. Da un lato Margareth ha ammesso che Elizabeth, sia pure con tutti i pregi e difetti del caso, è e sarà sempre la donna giusta al posto giusto. Dall’altro lato la sorella è pronta a sostenerla nel suo imminente divorzio, complici, oltre all’ atteggiamento della regina madre (vorrei mettermi ad urlare!!), le mancanze che sente di avere nei suoi confronti: non è stata dalla sua parte per quanto riguarda il caso Towsend (vabbe che la situazione in quel caso era complessa), ha chiuso gli occhi quando, entrato in scena Snowdon, era venuta a sapere quasi subito del fatto che quest’ultimo non era esattamente adatto al matrimonio (EUFEMISMO).
La cosa più assurda in tutto questo è che la storia si sta per ripetere con Carlo! Anzi è già ricominciata. Non sono sicura nemmeno io al 100% che le cose siano andate come ci sono state narrate. Ciò non toglie che la separazione tra Carlo e Camilla porterà a drastiche conseguenze, specialmente per quanto riguarda la cosiddetta “”Donna perfetta come Principessa del Galles”” la cui entrata in scena è oramai imminente. Camilla è stata messa da parte perché non era la donna adatta per gli standard reali ma la storia ci ha dimostrato che i due si ritroveranno,e forse non si sono mai persi davvero (non ho preso in considerazione gli aggiornamenti attuali dato che voci su un loro imminente divorzio vengono riproposte un anno sì è uno no!).
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Temo che l’entrata di Diana in scena, metterà ancora più in evidenza il vittimismo di Carlo. Fino ad ora il suo punto di vista l’ho apprezzato e lo ha fatto anche rivalutare come personaggio storico, dato che per anni lo hanno etichettato come il cattivo della situazione. Tuttavia temo che se lui deve essere tenuto sotto questa luce, qualcun’altro dovrà stare in ombra. La cosa mi incuriosisce, ma ho paura proprio che l’opinione pubblica, da sempre più a favore di Diana, non apprezzerà.
Grazie di avermi seguita, e spero di “rincontrarci” presto 😉
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