Il mio rapporto con John Green è sempre stato complicato. Adorai “Città di carta” ma non mi piacque il film. Amai la trasposizione cinematografica di “Colpa delle stelle” ma trovai il libro mediocre. Odiai “Teorema Catherine” al punto da non finirlo nemmeno, lasciandolo sospeso a qualche capitolo dall’epilogo. Quindi non lessi “Cercando Alaska”. Nonostante questo, e nonostante io sia la classica lettrice incallita convinta che i libri siano sempre meglio, Green rappresenta una delle pochissime eccezioni e quindi, qualche mese fa, chiesi alle Boss di Parole Pelate di lasciare questa recensione a me. Richiesta saggia.
Cercando Alaska è il primo romanzo pubblicato da Green, a sancire l’inizio della sua avventura nel mondo dei problemi e dei drammi adolescenziali. Si tratta di una serie auto-conclusiva, portata alla vita dal servizio streaming Hulu attraverso otto episodi che non possono non lasciare il segno.
La serie affronta con delicatezza quella fase dell’adolescenza in cui subentrano i primi veri approcci con la vita, in cui si è sospesi in quel limbo tra infanzia ed età adulta. Quel limbo in cui si affacciano i primi amori, le amicizie così forti da segnare tutto ciò che verrà dopo, le prime esperienze sessuali, le prime delusioni, il distaccarsi dalla famiglia per provare a seguire la propria strada. E le domande, quei quesiti esistenziali che prima o poi chiunque si pone, ai quali però non possiamo dare risposta perché a volte non ne hanno una e volte ce l’hanno, sì, ma è diversa per ognuno di noi. Quel limbo in cui per la prima volta ci si rende conto di essere vivi.
Looking for Alaska affronta il mondo della scuola grazie a lezioni di religione gestite da un insegnante che chiunque sognerebbe di avere, a un campus che trasuda libertà da ogni albero, -nonostante un cigno infuriato come guardiano- grazie alla spensieratezza data dalla tradizione degli scherzi, per i quali però, eventualmente, dopo le risate e l’orgoglio e la felicità, deve essere pagato un prezzo. E ci mostra una gioventù folle ma equilibrata, responsabile, che si muove in anni -la serie è ambientata nel 2006- in cui il contatto umano viene prima di tutto il resto.
Affronta tante situazioni di vita diverse, a partire dal ragazzo intelligente che proviene da una famiglia povera ma piena di amore, a quello che studia il mondo tramite la conoscenza delle ultime parole dei personaggi famosi, quelle dette prima di morire, a una ragazza che lascia il suo paese affrontando l’ignoto. Per arrivare poi ad Alaska. Bellissima, intelligente, sicura di sé, femminista e sognatrice ma anche fragile, troppo riflessiva, piena di problemi e cicatrici. I protagonisti sono estremamente veri, estremamente reali nelle loro debolezze, nel volersi mostrare forti e risoluti e tranquilli anche quando non lo sono. E per una volta parliamo di un gruppo di adolescenti interpretato da attori adolescenti -o che hanno superato da poco quella fase- che a volte potranno non essere perfetti ma che hanno dei ricordi freschi riguardo a tutto ciò che si prova a quell’età: il senso di onnipotenza, di solitudine, di estraneità, di libertà e prigionia.
La storia parla soprattutto di amicizia ma anche di amore e di sofferenza, trattando il tutto con un realismo e una dolcezza rari. Affronta la morte con delicatezza e tatto, facendola avvicinare piano, in punta di piedi, per poi permetterle di assalire lo spettatore in tutta la sua brutalità lasciandolo esausto, vuoto e con gli occhi colmi di lacrime. E infine, quando l’uragano è passato, gli ricorda che la vita è una, è bella, è importante. Che va vissuta a pieno anche per chi non c’è più, che a volte uno scherzo magistralmente architettato, che provoca gioia e risate, è molto meglio di una commemorazione triste e scura.
Promosso a pieni voti il cast: tra i giovani troviamo volti conosciuti come quello della bella Kristine Froseth (Alaska) che sembra abbracciare in toto questa tipologia di ruolo (la trovate anche in “La verità sul caso Harry Quebert”) e Charlie Plummer, che è riuscito a ridimensionare la sua frizzante personalità per fare spazio a quella più delicata di Miles, il protagonista, e altri nuovi ma tenere d’occhio, tra cui spicca Denny Love nel ruolo del “Colonnello” Chip Martin. Tra gli adulti troneggia invece Ron Cephas Jones (Across the Universe, Venom), che presta il volto a uno dei personaggi a mio avviso più belli.
Fotografia, musica, modalità di narrazione, non c’è un solo elemento fuori posto in questa serie, emozionante e divertente al tempo stesso, fragile, delicata, riflessiva, bellissima e prorompente esattamente come Alaska.
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-V.
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