La recensione a “L’impero della polvere” è, a livello personale, quella a cui tengo di più tra quelle scritte fino a questo momento. La giovane autrice, infatti, insegna alla Scuola Holden di Torino, e un paio di anni fa ebbi il piacere di conoscerla e seguire uno dei suoi corsi. Francesca Manfredi non è nuova al panorama letterario: con la raccolta di racconti “Un buon posto dove stare” si è guadagnata il Premio Campiello Opera Prima nel 2017, per poi pubblicare, nel 2019, il suo romanzo d’esordio “L’impero della polvere”.

Durante il suo corso, mi diede un consiglio che non manco mai di seguire: “Immagina di dover pagare un euro per ogni parola che scrivi. Ne vale davvero la spesa?” Il romanzo di Francesca sì, vale ogni parola.
L’impero della polvere è uno scorcio sulla vita di Valentina e si sviluppa nell’estate del 1996, basandosi sul cambiamento, la crescita e il decadimento materiale. I due protagonisti -Valentina e la “casa cieca”, così denominata poiché sulla facciata visibile dalla strada non ci sono finestre- percorrono due strade parallele ma in direzioni opposte.
Valentina cresce, diventa donna, scopre la sessualità, impara a mentire e a mantenere i segreti, mentre attorno a lei la casa invecchia e si accartoccia sotto al peso di rane e cavallette portate, secondo la nonna estremamente religiosa, dai loro sensi di colpa.
Valentina cresce e affronta l’adolescenza: la prima cotta, i litigi con l’amica del cuore, le dicerie di chi addita le abitanti della casa cieca, una famiglia stabile nella sua instabilità, formata da un padre che entra ed esce dalla scena, una giovane madre che ama e odia al tempo stesso la sua genitrice e una nonna senza nome che sana le ferite tramite la preghiera.
Il libro si muove in uno spazio e un tempo circoscritti, permettendoci di conoscere una ragazza che sta diventando adulta, la cui psicologia è ancora in via di formazione, parlandoci di donne forti, definite, fragili e imperfette e di una casa più viva degli animali malati e del piccolo paese vicino alla quale sorge.
Francesca ci prende per mano e ci conduce nella vita di Valentina con uno stile semplice, diretto e scorrevole: le parole non sono mai troppe e mai troppo poche, ci mostra l’essenziale, tutto ciò che ci serve per addentrarci nel mondo ancora circoscritto della giovane protagonista e nell’inesorabile declino di un’abitazione sanguinante.
Ed è in questa casa decadente che Valentina si muove in punta di piedi, mentre tutti gli altri avanzano a passi pesanti, lasciando impronte di spessore diverso in un eterno impero di polvere.
Valeria