Si può dire tanto di The Handmaid’s Tale, ma non che non ci abbia abituato a dei finali pazzeschi e questa terza stagione non è da meno: flashback pesati e un crescendo di tensione che si risolve alla fine con un barlume di speranza. Era successo l’anno scorso con la fuga di Emily e Nichole e lo stesso schema si ripropone anche in questo season finale, con l’arrivo – finalmente – dei bambini in Canada accompagnati da Rita, in definitiva salva anche lei. L’evasione, che è stata il filo conduttore degli ultimi episodi, viene quindi portata a termine nonostante i vari intoppi, ma procediamo con ordine.
La puntata si apre con un flashback molto interessante, ambientato appena dopo l’instaurazione del regime di Gilead. Vediamo quindi un gruppo di donne, tra cui June, tenute prigioniere in enormi gabbie e “visitate”, trattate alla stregua di carne da macello. Lo scopo è quello di dare un corollario alla trasformazione della nostra protagonista: solo gli spietati riescono a sopravvivere a questo mondo.
Spostandoci al presente, casa Lawrence si prepara ad accogliere i futuri profughi, ma una Martha con una bambina arrivano prima del previsto e rischiano di provocare guai, tanto più perché la Martha decide all’improvviso di non sentirsela più e ritornare a casa prima che la sua famiglia la scopra. Ovviamente June la prende talmente bene da minacciarle entrambe con la pistola, ma non può niente con questa ragazza terrorizzata, che alla fine riesce a scappare, lasciando però la bambina nella casa. Tuttavia, siccome le cose non possono mai filare liscio troppo a lungo, la Martha fuggitiva viene arrestata e il quartiere e l’aeroporto da cui sarebbero dovuti partire si riempiono di guardie e Occhi.
June, a capo dell’operazione, si sente quindi costretta a sacrificarsi, lasciando a Rita il compito di portare i bambini sull’aereo mentre lei distrae le guardie, ma se c’è una cosa che questa serie ci ha insegnato è che le vittime tendono spesso a fare fronte comune contro i carnefici. Ecco quindi tutte le altre Marthe e Ancelle coinvolte, tra cui una meravigliosa Janine che va protetta ad ogni costo, che si prodigano ad aiutare June nel suo compito. Iniziano a lanciare sassi contro le guardie, in quella che sembra una lapidazione di vendetta, finché June non decide di compiere l’ultimo grande gesto e farsi seguire nel bosco da una guardia. Inutile dire che, nonostante sia riuscito a colpirla, la guardia non fa una bella fine. Come ha detto all’inizio, June ormai è diventata spietata e non si fa problemi ad uccidere a sangue freddo per permettere all’aereo di decollare. L’arrivo in Canada è stato decisamente straziante, con Rita ancora incredula per avercela fatta e Luke che scruta tutti i volti dei bambini sperando di vedere Hannah.
Ci sono poi due dialoghi relativi a questa storyline che non posso non menzionare: quello tra June e la bambina con la Martha FuggitivaTM e un altro tra June e il Comandante Lawrence. Durante il primo non nego di essermi emozionata, dato che la piccola afferma di essere talmente giovane da non ricordare come fosse la vita prima di Gilead e sembra quasi abbia paura di tutta la libertà – una libertà che non ha mai conosciuto – che la aspetta al di fuori. Il dialogo con Lawrence invece mette June in una posizione di potere rispetto a un uomo, cosa che non succedeva da tempo, e poi riscatta il Comandante, che decide di non fuggire, ma rimanere a Gilead per riparare ai propri errori “perché Eleonor avrebbe voluto così”. Spero di vederlo lavorare per rimediare nella prossima stagione.
Spostandoci in Canada, vediamo come Fred abbia preso con tranquillità e sportività il tradimento di Serena. Decide quindi di denunciare anche i suoi, di crimini di guerra, perché non ha intenzione di affondare da solo. La fu Signora Waterford teoricamente ha perso diritto all’immunità e alla possibilità di vedere Nichole, ma vedremo come si svolgeranno i processi durante la prossima stagione.
Con le altre ancelle che portano via June, ferita, dal bosco siamo arrivati alla fine di questa terza stagione: forse un po’ lenta e adagiata su regia e fotografia magistrali in alcuni punti, ma come da programma potente e profonda, con tanta introspezione nei personaggi e nella vita a Gilead. E, soprattutto, una stagione che ci ha portato a conoscere una Resistenza che ha tardato, ma alla fine è arrivata.
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