Appena uscita la nuova stagione di Black Mirror il pubblico ha espresso quasi unicamente pareri negativi, affermando come la creatura di Charlie Brooker diventata cult, abbia totalmente abbandonato i fasti delle prime annate, divenute ormai metro di paragone per affossare ancora di più un prodotto che si è evoluto durante il suo percorso, sia per l’acquisizione di Netflix, sia per motivi artistici. Tantissimi spettatori ripetono come un mantra: “Non è più Black Mirror”, dimenticando forse la distanza notevole tra le prime due stagioni inglesi e le altre che si sono susseguite, difatti è innegabile che la serie abbia abbandonato quella cupezza delle prime puntate, ma è anche vero che Black Mirror già dalla terza stagione ha lasciato quella scrittura così esplicita nel mostrare gli effetti terribili tra uomo e sfera digitale. Questa quinta annata rappresenta l’ennesima tappa di un cambio di rotta, non a caso la distopia è quasi assente pur affrontando quelle tematiche centrali che abbiamo imparato a conoscere.

Mentre sceneggiatura e messa in scena hanno cambiato registro rispetto alle bellissime prime due stagioni, la formula episodica è ritornata a contenere tre puntate dalla durata variabile di un’ora, inserendo pochissimi elementi lontani dal nostro presente. Striking Vipers è in assoluto il migliore degli episodi, racconta un menage a trois che farà uso di un compromesso molto particolare, senza il quale la coppia protagonista si lascerebbe. Il matrimonio tra Danny e Theo subisce il più classico dei problemi, la vita sessuale dei coniugi non arde più come in passato, sono fedeli l’un l’altro ma forse è solo questione di tempo prima che uno dei due tradisca. Nella crisi coniugale s’inserisce Karl, l’amico di vecchia data che regala un picchiaduro a Danny per giocare insieme qualche partita, tuttavia essendo un’esperienza sensorialmente immersiva, i loro alter ego all’interno del gioco finiranno per avere rapporti sessuali.

Sebbene il tempo sia poco, questa puntata riesce a parlare d’identità di genere, rapporti di coppia e compromessi vitali senza i quali ci lasceremmo. Purtroppo non tutto è trattato benissimo a causa della durata limitata, alcuni spunti molto interessanti sono accantonati in favore di altri e il rammarico di non aver visto un approfondimento maggiore non tarda ad arrivare. Lontanissimo da atmosfere angoscianti, la scrittura di Brooker comunque stimola lo spettatore alla riflessione sul desiderio sessuale che potremmo avere in altre vesti, se fossimo anche noi player di questo Striking Vipers X, un gioco assolutamente immersivo.

Smithereens, il secondo episodio, è un thriller e racconta la nostra attenzione sempre più accanita nei confronti dei social, anche quando dovremmo tenere gli occhi sulla strada perché stiamo guidando. È il più mediocre di questa stagione. Pur essendo costruito bene e interpretato anche meglio, il racconto finisce per concentrarsi su dinamiche già esplorate numerose volte in precedenza, sprecando notevolmente l’ottima prova di Andrew Scott nei panni di un ex insegnante che vuole a tutti i costi parlare con il capo di Smithereen, un social fittizio che pare abbia distratto il protagonista da un importante mansione.

Questa quinta stagione termina con l’episodio che ha fatto più discutere di sé, forse proprio per il suo finale molto positivo e assolutamente implausibile. Rachel, Jack e Ashley Too racconta la folle impresa di due ragazze, nel sventare l’inganno che risiede nell’improvviso coma della nota popstar Ashley O, interpretata da Miley Cyrus. L’affermazione di se stessi è il filo conduttore di tutto l’episodio, impreziosito dagli effetti negativi della tecnologia applicata all’eternità di un’icona musicale. Anche in questo episodio ci sono tantissimi innesti interessanti, essi però non portano la scrittura a interrogarsi nel migliore dei modi e il tutto sembra fin troppo adolescenziale, anche perché se nell’episodio precedente un genere adulto come il thriller era molto presente, quest’ultimo episodio ha i classici stilemi e leggerezze di sceneggiatura di un teen movie.

Tutti e tre gli episodi risultano intrattenenti, generano riflessioni e sono dotati di molte soluzioni narrative apprezzabili. Di sicuro Charlie Brooker è conscio della portata mediatica di Black Mirror, la quale è diventata sempre di più una serie evento e anche se questa stagione non è angosciante, non posso ritenermi deluso da un prodotto televisivo che ha smesso di essere disturbante già molto tempo addietro.
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