Che ritorno signori.
È incredibile come questa serie riesca a mantenere sempre alta l’asticella, a non retrocedere di un passo anche una volta arrivata alla terza stagione. Sarà che sono una grande fan del libro, sarà che adoro la distopia e questa storia mi intriga da morire, ma credo davvero che The Handmaid’s Tale sia uno dei migliori prodotti televisivi in circolazione. Dalla sceneggiatura alla recitazione, dalla fotografia alla colonna sonora: è tutto curato nei minimi dettagli e io posso solo che apprezzare. Davvero, chapeau.
Mommy’s got work to do
I primi minuti ci riportano esattamente dove ci eravamo lasciati un anno fa, con Emily e Nichole in fuga verso il Canada aiutate da June, che ha deciso di restare a Gilead per combattere per la propria libertà e per quella della figlia Hannah, e da questo nuovo, interessantissimo personaggio, ossia il Comandante Lawrence, che sicuramente avrà molto da dire in questa stagione. Sono particolarmente fiduciosa e in parte sono già stata ripagata quando ha deciso di aiutare la nostra eroina portandola dal Comandante Mackenzie, padre adottivo di Hannah, per riprendersi sua figlia. Ovviamente il piano non va come previsto e June viene intercettata dalla signora Mackenzie, che la rispedisce dai Waterford, non senza però averla aggiornata sulla nuova vita della bambina. Il dialogo commosso tra le due madri di Hannah rappresenta una dimensione di pseudo-normalità, decisamente apprezzabile in una serie dove di normale non c’è assolutamente niente, ma che ovviamente è destinata a durare meno di cinque minuti.
Burn, motherfucker, burn
Con il rapimento di Nichole, la vita in casa Waterford diventa sempre più difficile, tra una Serena perennemente sull’orlo di una crisi di nervi e le manie di grandezza di Fred, che non riesce a vedere oltre il suo naso e crede di avere sotto il proprio controllo anche la disperazione della moglie. C’è da dire che se avesse evitato di tagliarle un mignolo la scorsa stagione, forse sanità mentale della donna ora sarebbe poco poco più stabile, ma sicuramente ora non ruota tutto attorno a te, mio caro Comandante Waterford.
Ci tengo a spendere due parole sull’evoluzione del personaggio di Serena, che credo sia uno dei migliori della serie: da stronza colossale nella prima stagione a carnefice di se stessa, fino a madre disperata (meraviglioso l’abbraccio con June nonostante sappia che – per quanto l’abbia fatto in buona fede – le ha portato via sua figlia) che non vuole più sottostare alle regole di un gioco che lei stessa ha contribuito a creare. Tuttavia, in questo episodio arriviamo a quello che potrebbe essere il punto di non ritorno, quando Serena in un raptus di follia decide di dare fuoco alla stanza della Cerimonia, e di conseguenza a tutta la casa. Ed è subito Daenerys Targaryen con Approdo del Re.
(la fotografia di questa scena è un capolavoro)
Ovviamente, dato questo falò, June deve essere riassegnata ad un nuovo Comandante e la fortuna – per una volta – vuole che sia proprio il Comandante Lawrence. Sono veramente curiosa di sapere come si evolverà questa storia.
I’m Emily. Your wife saved my life
Non lo nego, l’arrivo di Emily in Canada mi ha commossa, se non altro perché per tutto l’episodio se l’è vista talmente brutta che non speravo più riuscisse ad oltrepassare il confine. Il momento in cui viene avvicinata dai poliziotti canadesi, che le chiedono se vuole fare domanda d’asilo, mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo perché finalmente anche lei, dopo 23 episodi di inferno tra l’operazione e il piacevole soggiorno nelle Colonie, ha ricevuto una piccola gioia. A questo punto, visto l’incontro con Moira e Luke, chiedo solo che riesca a ricongiungersi anche con la sua famiglia e a ricevere finalmente un po’ della felicità che le viene negata da tre stagioni a questa parte.
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Non l’ho mai visto e non ho letto il libro, devo provare con uno dei due. Grazie😘
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