Parliamone/Telefilm

Parliamone | The ABC Murders

Fin dalla loro prima uscita i romanzi di Agatha Christie sono sempre stati tra i prodotti più adattati su piccolo e grande schermo. I suoi caratteristici protagonisti, le inquietanti e claustrofobiche ambientazioni, le macchinose rivelazioni hanno incantato il pubblico per più di cinquant’anni, quindi nessuno è rimasto sorpreso quando la BBC ha annunciato di voler trarre una miniserie dal romanzo “The ABC Murders” (in italiano “La Serie Infernale”). Già nel 2015 la BBC aveva lanciato una riuscitissima miniserie in tre episodi tratta da “And Then There Were None” (“Dieci Piccoli Indiani”), a mio parere perfetta nelle atmosfere, capace di mantenere alte l’attenzione e la tensione dall’inizio alla fine, mentre, al contrario, “The ABC Murders” si è rivelato una sottile delusione.

Innanzitutto è fin da subito palese l’impronta “dark” che vuole prendere questo nuovo adattamento; “La Serie Infernale” è uno dei casi più violenti in cui si imbatte Poirot infatti ed è chiaro che la miniserie vuole calcarne gli aspetti più macabri, cercando di riallacciarsi a successi moderni come “The Alienist”, e creando così un’atmosfera molto più da thriller storico. Questa scelta non mi dispiace sinceramente, ma secondo me non funziona a causa della sceneggiatura estremamente seriosa e dal ritmo lento che, unita alla cupezza delle atmosfere, appiattisce troppo la storia. Una delle caratteristiche dei lavori della Christie è la spigliatezza, l’ironia tagliente, presente soprattutto nel ciclo di Poirot, eliminando questa ironia, dando un taglio più tragico alla figura del detective e appesantendo l’atmosfera, ne risulta più un generico thriller storico che un brillante adattamento.

Oltre ad alcune scelte di sceneggiatura di cui non si spiega il senso (in primis l’eliminazione di personaggi iconici come Japp e Hastings), ciò che mi ha convinta di meno è stato proprio Poirot. John Malkovic è un grande attore e su questo non c’è alcun dubbio, però questa chiave di lettura della figura del detective non mi ha assolutamente convinta. Ci viene proposto un Poirot anziano, stanco, caduto in disgrazia, profondamente religioso e tormentato da un misterioso passato. A tratti sembra quasi lo stereotipo del poliziotto in pensione ancora alle prese con i demoni del suo passato, nulla a che vedere con l’Hercule sarcastico e geniale che ci aspetteremmo. Forse qui è un problema di chiusura mentale mia, ma le storie della Christie sono costruite in maniera magistrale, ogni pezzo si incastra con facilità e ogni scelta ha una funzione ben precisa, persino l’aspetto ridicolo di Poirot ha uno scopo, cosa che nei recenti adattamenti viene ignorata completamente. Quando un elemento viene eliminato o portato all’esagerazione, si rischia di sfociare, come in questo caso, in una ridondante pesantezza che a volte si trasforma addirittura in noia.

Altri aspetti molto marcati sono la politica e la religione: Poirot si ritrova a vivere la vecchiaia in un’Inghilterra fortemente xenofobica che vede nello straniero la causa di ogni disgrazia, qualcuno da temere e allontanare; unico rifugio dalla realtà sembra essere la preghiera. È accennato nei romanzi che il detective belga si sente investito divinamente con il compito di consegnare quanti più criminali possibili alla giustizia, tuttavia qui il rapporto con la religione è molto più stretto e riguarda in gran parte anche il passato di Poirot nel suo paese natale. Non sono aggiunte poco interessanti, al contrario, ma, ripeto, unite ad un contesto già abbastanza pesante di per sé finiscono solo per rallentare il ritmo della narrazione; in particolare questo discorso vale per i flashback ambientati in Belgio che si ripetono sempre allo stesso modo, senza mai un elemento di novità o un diverso punto di vista fino all’ultimo episodio, cosa che mi ha infastidita perché, se bisogna mettere in pausa la storyline principale, vorrei che almeno fosse fornita un po’ di varietà in quello che viene mostrato.

In conclusione non credo che questo sia un adattamento riuscito, lo considererei più un prodotto a sé stante, con del potenziale, un po’ lentuccio, ma godibile se si è in vena di guardare qualcosa di breve e con una soluzione finale soddisfacente. Sicuramente gli adattamenti di maggiore qualità rimangono quelli con David Suchet in veste di Poirot, ancora imbattuti da tutte le recenti rivisitazioni cinematografiche e non. Una bella aggiunta sono gli approfondimenti sulle vittime e le loro famiglie, tutti personaggi deprecabili e moralmente grigi (con pochissime eccezioni). E, nonostante tutto, gli attori coinvolti danno tutti delle ottime performance, in particolare è molto bravo Rupert Grint che riesce con successo a scrollarsi di dosso l’immagine da Ron Weasley per entrare nei panni del baffuto Ispettore Crome.

Adattare Agatha Christie è sempre una grande scommessa e, se stavolta non è stata una vittoria, si può almeno apprezzare lo sforzo dietro questa lettura diversa delle sue opere.

Cin-cin.

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