Film

Recensione | Pet Sematary

Gli adattamenti cinematografici dell’opera di King, continuano ancora oggi a essere motivo d’interesse per il grande pubblico, inoltre dal primo adattamento del 1976 (Carrie – lo sguardo di Satana) di Brian De Palma, il cinema è notevolmente cambiato e così anche le trasposizioni televisive e cinematografiche del celebre scrittore. Non sempre il risultato dell’incontro tra cinema e letteratura kingiana è un successo, basti a pensare al flop de “La Torre Nera”, prodotto totalmente dimenticabile tuttavia seguito qualche mese dopo dal successo di It. Pet Sematary invece si propone come una nuova versione del testo già adattato nel 1989 da Mary Lambert, raccontando nuovamente la storia di una famiglia alle prese con segreti inconfessabili che gli si ritorceranno contro.

Per trascorrere più tempo con sua moglie e i suoi due figli, Louis si trasferisce in una cittadina del Maine che lo costringerà a vivere in una casa adiacente a un bosco molto misterioso, dove si eseguono rituali e processioni legati alla morte dei nostri affetti, sia animali sia persone. Per seppellire il gatto privo di vita, il vicino Jud mostrerà a Louis un luogo dove i defunti possono avere una rinascita, ma le conseguenze sull’animale saranno solo l’inizio di una serie di scelte pessime sul poter fare ritornare i nostri cari. Come ci dirà uno dei personaggi: “ A volte è meglio essere morti”.

Come molte storie di Stephen King, i luoghi degli eventi hanno notevole significato e un’importante influenza sui character. Nel film in analisi una famiglia normalissima entrerà in contatto con i propri traumi che non sono mai condivisi con gli altri personaggi, il loro errore consiste nel mancato confronto ed è per certi versi l’elemento migliore della pellicola. Appena si tenta di affrontare insieme un trauma passato o recente, la sceneggiatura sceglie di celare alcuni segreti, consentendo al potere di una terra maledetta di manipolare le scelte dei personaggi. Nel mettere in scena il vissuto scioccante, alcune soluzioni visive sono molto efficaci, in special modo il turbamento della madre che sente e vede sua sorella defunta, tuttavia è proprio nel rappresentare il cimitero vivente e il terreno indiano che il film fatica moltissimo, finendo per essere poco incisivo sui luoghi più evocativi del racconto.

 Alcuni espedienti narrativi sono così efficaci che risultano essere spaventosi anche senza un impegno considerevole, tuttavia dai cineasti Kolsch e Widmyer avremmo preferito una rappresentazione meno convenzionale. Nel trattare le tematiche del lutto e della morte, il film offre due punti di vista opposti sull’argomento, ma nuovamente senza una scrittura ispirata che possa coinvolgere meglio lo spettatore.

Prima di lasciarvi vi invito a mettere mi piace a Parole Pelate, se non lo avete fatto, e poi a passare dalle nostre pagine affiliate. Ed infine un grande grazie alla nostra Amigdala per la grafica.

Ringraziamo: Citazioni film e libri | I love telefilm & film ∞ | Because i love films and Tv series

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