Lucifer/Telefilm

Parliamone | Ha Fatto Bene Netflix a Salvare Lucifer? Absolutley, Yes

Spoiler Alert.

La serie americana inizialmente prodotta da Jerry Bruckheimer, DC Comics e Warner Bros. Television, ha colpito fin da subito il pubblico. Bruckheimer sa il fatto suo, dopo anni a produrre serie come CSI e Cold Case.
Lucifer richiama i suoi lavoro passati, essendo una serie police-procedural, ma questo è sempre stato un aspetto principalmente secondario, come il suo lato fantasy del resto; lasciando maggior spazio alla comicità goliardica e puerile del suo protagonista e al suo dramma interiore che scava nel passato biblico.
Trasposizione televisiva dell’omonimo fumetto, pubblicato dalla casa Vertigo e scritto da Mike Carey, con protagonista il personaggio di Lucifer, già apparso nel fumetto Sandman di Neil Gaiman, è una serietv che ha avuto la fortuna sfacciata di essere salvata da Netflix dopo la cancellazione da parte della Fox in seguito al calo, non poi così consistente, degli ascolti durante la terza stagione.

Il vero motivo della cancellazione è un vero mistero. Lucifer, nel suo genere, è una serie originale. È riuscita a coniugare la passione per questo sottofilone poliziesco, che imperversa le nostre televisioni da anni: police procedural, e che vede una vera e propria compagnia protagonista che investiga su uno o più casi, facendo coincidere il momento del climax, quindi la rivelazione dell’assassino, di cui siamo già al corrente, con una rivelazione strettamente personale del protagonista. L’elemento fantasy non è mai stato troppo esplicito e forse anche altalenante nelle varie stagioni, riuscendo meglio ad emergere proprio in questa quarta. All’inizio siamo tutti vittime delle parole di Lucifer Morningstar che senza timore si presenta come il vero Lucifero, l’angelo caduto.

(The Devil is back)

Ed ecco la novità: il Diavolo decide di prendersi una pausa dall’Inferno e si trasferisce a Los Angeles aprendosi un night club, il Lux insieme alla sua fidata amica demone, Mazikeen / Maze. È tutto molto ironico ed irriverente, ma riesce ad assumere sfumature anche serie. Lucifer fa subito il verso a serie molto in stile L.A., infatti frequenta una psicologa, Linda. Perchè mai il diavolo avrebbe bisogno di aiuto?
Perchè, mettendo da parte i racconti biblici, questo Lucifer sta vivendo una vera e propria crisi esistenziale che finalmente raggiunge un po’ di chiarezza in quest’ultima stagione. Si sente vittima dei piani del Padre, ed essendo stato il figlio prediletto, nonostante la sua ribellione, il Padre veglia ancora su di lui. Come qualsiasi figlio in piena crisi adolescenziale, questo aiuto viene interpretato come autorità, controllo sulle proprie azioni. La terapia di Lucifer è la chiave di lettura per questo personaggio umano, più di tante altre persone. Lucifer non vuole solo essere Lucifer. Certo, non è ancora arrivato ad una conclusione, perchè non sa cosa vorrebbe davvero essere, ma abbiamo capito che questa sua fuga, parte dal fatto che non si è mai perdonato. Ma di cosa esattamente, della ribellione? Del male che ha fatto? Punire è il suo compito, gli piace, ma lui vorrebbe essere anche altro.
Ammettiamolo, Lucifer lo amiamo non solo perchè può dire e fare quello che vuole senza che qualcuno lo punisca, ma per la sua sensibilità. È stato divertente vedere le persone intorno a lui credere che tutto quello che raccontava fossero metafore, ma effettivamente lo possono essere per noi pubblico. Non è facile creare una serie con un protagonista così tormentato, quasi dalla notte dei tempi, eppure Netflix è riuscito a riporatre Lucifer in auge. Quello della prima serie, quell’uomo dal sorriso ammaliante come il diavolo, la voce da angelo e lo sguardo di un uomo perso. Tom Ellis è più in forma (e nudo) che mai.
Finalmente nella quarta stagione il suo rapporto con Chloe raggiunge un punto di svolta. O per lo meno arriva da qualche parte dopo il cliffhanger della terza stagione. Il detective, oltre a trovare un’acconciatura che la valorizzi nella season 4, finalmente ha avuto il coraggio di affrontare la situazione. Non abbiamo più i soliti e brillanti battibecchi caratterizzanti della serie, perchè sono entrambi, ora, personaggi devastati. Tuttavia ho trovato semplicistico che il suo ruolo fosse quello di far capire a Lucifer quale fosse il proprio, sacrificandosi poi per amore. È tutto in linea con quello che il Diavolo è sempre stato, con la visione di Chloe, nonostante ciò è una chiusura troppo netta dopo una terza stagione che l’ha tirata per le lunghe.
In ogni stagione inoltre, viene introdotto un altro personaggio biblico a supportartare la componente fantasy: nella prima Amenadiel, poi la Dea/Charlotte Richards, Caino ed infine Eva. Il fratello angelo di Lucifer, nonostante il ruolo e l’evoluzione che gli autori gli hanno affidato, è rimasto un personaggio sbiadito, tanto da risaltare di più Linda stessa e il loro figlio angelico. Più a fuoco, invece, è stata la storyline della della Dea creatrice. La sua introduzione nella seconda stagione non mi aveva entusiasmata, mi aspettavo che l’elemento divino fosse più conosciuto e invece la sua dipartita nella terza stagione, la sua missione di far del bene per non tornare più all’inferno, sono state tra le migliori trovate che hanno dato quel tono più serio al carattere spirituale della serie. La terza stagione con Caino, e le sue 26 puntate, è stata una stagione tipicamente Fox, tirata per le lunghe e che si è allontanata un po’ dal seminato. Bene o male tutte le introduzioni divine sono state personaggi che hanno avuto un rapporto diretto con il passato di Lucifer e che in qualche modo lo hanno segnato, Caino, no.  Il primo peccatore/assassino avrebbe potuto portare Lucifer e tutto il cast ad un livello introspettivo di grado superiore, e invece sono tutti rimasti fermi, immobili. Forse Maze ha cercato la sua strada insieme a Charlotte, ma il resto ha solo girato in tondo, rimescolandosi tra una relazione e l’altra. Certo, Caino ha donato alla serie molta più umanità di quanto necessitasse, perchè in realtà, quello che la Fox non aveva intuito era che l’assenza totale del fantasy non era l’arma vincente. Non che smaniassimo nel vedere il volto da Diavolo di Lucifer, o come fosse arredato l’Inferno, ma sono state più di impatto questioni come le ali da angelo che Lucifer si strappava per andar contro il volere del Padre, piuttosto che i vari casi, che col tempo sono diventati sempre più un contorno, lasciando spazio ai singoli personaggi, alle loro interazioni, e alla ricerca di un credo.
Lucifer alla fine è questo, un percorso di crescita e una ricerca che riguarda se stessi, lo stesso accadrà con Eva, la prima donna, prima moglie e prima peccattrice. Ricade di nuovo nel tranello di cercarsi un compagno, eppure, nonostante i mille errori, capirà che deve cercare prima se stessa come entità singola, non cambiando solo per accontentare gli altri, amandosi. L’ultima stagione di Lucifer perciò scava molto più nel profondo alle questioni del Diavolo, cercando di trovare quasi una sorta di motivo originale a tutto ciò, non smentendo ancora una volta che non c’è una netta distinzione tra bene e male. Netflix condensa la storia in soli 10 episodi di 50 minuti, riuscendo anche a dar spazio a tutto il cast: Dan, di nuovo lo stronzo, ed Ella compresi e puntando su una trama orizzontale solida che non viene mai messa da parte dai casi giornalieri.
Quest’ultimo finale può essere una degna fine, come un interessante inizio. Speriamo che Netflix colga nuovamente il potenziale di una serie che è riuscita a passare con facilità da toni comici a sfumature più dark, senza snaturarsi.

(me now)

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