Poldark/Telefilm

Recensione | Poldark 4×07 “Suspicion always haunts the guilty mind”

Quel cartiglio lasciato sul camino da Demelza pesa sull’animo più di un macigno. E’ così che Ross si trova davanti al peso delle sue azioni, davanti al peso del sospetto. E non può far altro che impugnare penna e calamaio e vergare a sua volta:

“Cara Demelza,

Perdonami perché sono stato uno sciocco.

Ho più volte detto che tu sei la mia guida, e che i tuoi occhi sono l’unico strumento che può salvarmi da me stesso, dal fare una stupidaggine. Eppure eccomi, l’ho fatta di nuovo. Non è per il seggio al parlamento, non è per il prestigio o le ghinee, ma è per l’orgoglio che mi porto dentro, per quell’orgoglio che a volte mi sovrasta e mi brucia, come la carta di questa lettera quando finirà nel focolare. E tu sarai lontana da me.

Perdonami perché per colpa del sospetto, che più volte si è insinuato in me, non ho visto ciecamente ciò che ho combinato. Ho rischiato la vita, irresponsabilmente, per un’onta subita, e perché il sospetto che un altro uomo potesse averti, mi ha fatto dubitare perfino di te, che sei la creatura della quale meno al mondo dovrei dubitare.

Di me stesso invece, non ho visto gli errori commessi dal passo mortale, e camminando sempre a testa alta, per abitudine e fierezza, ero convinto di aver passato i fossati sul mio sentiero, ma ora, sono sprofondato in buche più profonde, sbattendo il muso. E nuovamente temo di portarti giù con me.

Ora capisco ciò che hai provato quando ti ho usato torto dopo Hugh, e me ne dispiaccio, sebbene ancora nella mia testa non voglio dire di sentirmi giustificato, ma ho agito d’impulso. Dovrei capire che forse, anche tu hai fatto lo stesso, anche se credo che le tue scelte siano state maggiormente ragionate, mentre io mi sono fatto incoraggiare fin troppe volte dalle passioni del passato, e dall’irrazionalità. Dal gusto di rivalsa, dal sapore che ha la conquista della vittoria.

Non avevo alcun diritto di dubitare di te o di dirti che hai incoraggiato Adderley. Tu, ingenuamente colpita dalla luce di Londra che ti faceva così bella e splendente, non sei riuscita a comprenderne la malizia.

Ed io, nei tuoi sguardi che mi rivolgevi al ballo mentre eri al braccio di quell’uomo, che mi chiedevi cosa fosse giusto come un bambino d’innanzi ad un genitore, non ti ho saputo dare ascolto, pensando tu avessi scelto di comportarti così. La mia cieca gelosia è stata cattiva consigliera e mi ha bendato.

Non voglio diventare come George, che del livore e del sospetto, della sua rabbia e mal fidarsi ha fatto la sua unica moneta. Lo vedo nei suoi occhi ancora, quando mi guarda in presenza di Elizabeth, vedo il disprezzo unito al sospetto, e vedo anche verso sua moglie uno sguardo che non mi piace: come se lei fosse un’altra di quelle merci a sua disposizione, o una pila di monete che può dar profitto, finché sia investita bene, altrimenti è solo un nulla. E di te, amore mio, non voglio dubitare mai più e non voglio guardati mai così. Non lo sopporterei.

Di errori si è fregiata la mia vita, e forse, a volte tendo a scaricarne il peso sulle azioni altrui. Eppure, il destino poi vien sempre a punirmi, perché prima come serpente tentatore ho portato al peccato, però di quello stesso peccato mi macchio anche io, e come se non bastasse, voglio far la morale e non potrei permettermelo.

Comprendo la tua scelta di tornare in Cornovaglia, e forse dovrei far ritorno anche io, ma non posso sottrarmi al mio dovere in Parlamento e ai sospetti che, altrimenti, si alimenterebbero. Sì, Londra è bella quanto complicata da gestire, quasi come una donna dispettosa, frivola, attaccata al prestigio e al denaro, che vuole essere contesa e che al contempo non sa quel che vuole, mai. Tu non sei così, Demelza, ed è giusto che il mare accarezzi il tuo volto con la sua brezza pura, e più sicuro sarò io nel saperti a Casa. Mi mancherà Dwight, che forse ancora si sforza, assieme a te, di inculcarmi un po’ di buon senso. Voi però siete anime troppo buone per questa parte di mondo, che spero non abbia troppo contaminato le vostre esistenze, la nostra vita e il nostro…amore.

Ho fatto molti errori, e di questi sento il peso, e me ne prenderò la responsabilità. Tu, però, amore mio, sei l’unica cosa ‘sbagliata’ che mai potrei considerare un errore, e che rifarei anche fino all’ultimo dei miei giorni.

Tuo, Ross”.

E’ un sospiro quello che accompagna il calore della fiamma a scaldare il sigillo che si imprime, morbido, sulla ceralacca. E lo sguardo che vaga, oltre la finestra e per le vie battute dalle carrozze, cerca qualcosa di più lontano, oltre le nubi all’orizzonte che nulla di buono lasciano presagire.

-Notforyourears

 

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