Grey’s Anatomy/Telefilm

Recensione | Grey’s Anatomy 14×07 “Who Lives, Who Dies, Who Tells Your Story”

12 anni, 14 stagioni, 300 episodi, circa 12600 minuti…questi sono i numeri davanti a cui ci si trova quando si parla di Grey’s Anatomy. Ma, in fondo, sono solo questo: numeri. Sono numeri che, per quanto impressionanti siano, non spiegano neanche un briciolo dell’emozione che abbiamo vissuto. Questi numeri non spiegano perché quando Meredith Grey vince l’Harper Avery, siamo contenti come se fosse nostra sorella o la nostra migliore amica; non spiegano perché i ricordi di George, Cristina e Izzie ci fanno salire le lacrime agli occhi anche se è passato tanto tempo; non spiegano perché un ferry boat non è solo un ferry boat ma è il simbolo di una delle storie d’amore più belle che siano mai state raccontate; non spiegano perché un nome sullo schermo di un cellulare ci riempia il cuore di felicità; non spiegano perché Arizona che parla di Mark ci provoca un dolore quasi fisico; non spiegano perché Alex che immagina la vita perfetta per Izzie e ha paura di scoprire la verità, è una delle cose più dolci di sempre; non spiegano perché quelle foto appesa in casa di Arizona e inquadrata per qualche secondo, ci faccia sussultare per tutti i ricordi che ci porta alla mente; non spiegano perché Miranda e Webber che parlano di George come indimenticabile, stanno dando voce anche ai nostri pensieri; non spiegano perché Jackson che nomina Lexie è un pugno allo stomaco e non spiegano perché Owen che dice che al mondo non c’è nessuno come Cristina Yang, è una cosa bellissima ma allo stesso tempo dolorosa. Sono numeri e non spigano niente di tutto questo. Perché non basta dire che Grey’s Anatomy ha tagliato il traguardo dei 300 episodi a far capire quanto sai grande questa serie. Per fare questo, bisogna viverli questi episodi. Grey’s Anatomy va vissuto. Va amato, odiato, adorato e detestato ma va vissuto. Va vissuto come un’esperienza totalitaria, nella gioia e nel dolore, senza limiti e senza sentirsi stupidi perché “è solo una serie tv”. Non basta un numero a racchiudere tutto questo perché il punto non è quanti episodi siano stati fatti, ma quello che in essi è stato raccontato e il percorso che hanno contribuito a costruire. Questo numero, per quanto enorme sia, non può e non potrà mai spiegare cosa sia Grey’s Anatomy. Visto dall’esterno può intimorire o sembrare esagerato ma per chi ha vissuto ogni singolo minuto, sono solo tre cifre che nascondono un mondo. Un mondo difficile, pieno di sofferenza e di perdite, ma anche fatto di nuovi inizi e di cadute da cui ci si rialza, sempre e comunque, da soli o con il sostegno di qualcuno. Perché, più di ogni altra cosa, questo show insegna ad amare profondamente e a lasciar andare il dolore, trattenendo i ricordi belli, con la consapevolezza che quello che non è andato bene, non è stato uno spreco di tempo, ma contribuisce a renderci ciò che siamo. Ecco qual è il più grande insegnamento di questa serie ed ecco perché mi auguro altri 300 di questi episodi. Nessuno show è stato, è e sarà mai come Grey’s Antomy, e non per la sua longevità, ma perché nessuno è in grado di trasmettere tutto questo. Arriveranno nuove serie a cui ci appassioneremo ed è giusto che sia così ma questo show rimarrà sempre casa nostra. Una casa che, nonostante i suoi difetti e i lavori di ristrutturazione fatti negli anni, sarà sempre il nostro posto dove ci sono le nostre persone. E non importa che siano solo un ricordo o che le vediamo vivere le loro vite, loro ci sono e saranno sempre tangibili come un qualsiasi oggetto. Grey’s Anatomy è un pezzo della nostra vita perché quello che ci fa provare è vero. Le lacrime, la rabbia, la gioia, la frustrazione e ogni singola emozione che abbiamo provato in questi anni, sono vere. Esistono, fanno parte di noi ed è per questo che Grey’s non sarà mai solo uno show. E’ una parte di noi, se volete piccola e poco importante, ma lo è. E per tutto questo io mi sento solo di dire un enorme grazie a chi ha creato questo mondo in cui abitiamo un po’ anche tutti noi. Grazie perché senza Grey’s Anatomy, la nostra vita non avrebbe la stessa e noi non saremmo gli stessi. Grazie per questi 300 episodi. Grazie per tutta questa magia a cui ci avete insegnato a credere ogni giorno un po’ di più.

 

 

Dopo questa ennesima sentita e doverosa dichiarazione d’amore, andiamo però a parlare dell’episodio in sé e partiamo dalla notizia più importante: Meredith Grey ha vinto l’Harper Avery. Senza troppe complicazioni, come se fosse una cosa naturale, e forse lo è perché lei è nata per quello. È nata per essere straordinaria e ora tutto il mondo lo sa. La cosa più bella però, è che lo abbia vinto stando in una sala operatoria perché quello è il suo posto. Ellis Grey teneva alla fama, alla notorietà, ai riflettori e alle cerimonie, mentre Meredith no. Non me la sarei mai immaginata sul palco con un bel vestito intenta a ricevere quel premio perché non sarebbe stato da lei. Meredith è quella che non abbandona i pazienti, che mantiene fede alla promessa fatta ad una ragazzina e non la lascia sola pur sapendo che i suoi colleghi sarebbero benissimo in grado di salvarla senza di lei. E non è presunzione o dare per scontato qualcosa, ma dedizione al propio lavoro, la stessa che le ha permesso di vincere quel premio, ed è rispetto per una paziente a cui ha dato la sua parola. Poco importa che la ragazza le ricordasse Cristina, lo avrebbe fatto per chiunque perché questa è Meredith Grey. Meredith è quella che vince il premio più importante per la medicina ma non si prende un giorno per festeggiare perché il suo lavoro viene prima di tutto ed è quella che, nel momento della vittoria, sorride perché sa di aver reso fiera sua madre. Una madre che non l’ha amata come avrebbe meritato, che ha messo la chirurgia prima di lei e della famiglia, che le ha fatto vedere tutto quello che Meredith non sarebbe mai voluta diventare. Quel sorriso rappresenta sicuramente un pensiero rivolto ad Ellis ma anche e soprattutto la consapevolezza di avercela fatta, di essere diventata brava quanto sua madre senza però diventare come lei. Penso che questa sia la soddisfazione più grande per Meredith: aver dimostrato a se stessa di essere straordinaria, come chirurgo ma anche come donna, come amica, come moglie e come mamma.

Se Meredith ha vinto l’Harper Avery, Amelia è ufficialmente tornata in sella. Niente tumore, niente paranoie, niente dubbi ma solo tanta tanta sicurezza che l’hanno portata ad impuntarsi anche con Owen, nonostante lui avesse ragione. O meglio, avevano ragione entrambi. Amelia voleva palesemente fare quella TC sulla base di quello che era successo a Derek ma è anche vero che ha fatto bene ad insistere perché aveva ragione lei. Questa è la vera Amelia Shepherd e spero che da questo punto in poi inizi il suo cammino di ripresa. Non c’è il tumore, non c’è il rapporto con Owen a soffocarla e non ci sono i fantasmi del passato con cui combattere. C’è solo lei che deve ripartire con l’aiuto delle sue sorelle e di Owen, che non sarà più suo marito, ma resta comunque il suo angelo custode. Un angelo custode che mangia french toast con un’altra ma pazienza, facciamo finta di non aver visto nulla (mi rifluito di prendere seriamente questa cosa tra Carina e Hunt, mi spiace).

Qualche problema invece lo hanno Miranda e Ben visto che la Bailey non è esattamente entusiasta della nuova carriera che il marito vuole intraprendere ed è comprensibile. Ovviamente è preoccupata e lo maschera dietro al fatto che sarebbe  la seconda volta che Ben affronta un cambiamento così radicale, ma sappiamo tutti che in realtà la sua è solo paura. Non vuole vedere il suo compagno gettarsi tra le fiamme, come darle torto. Ma Ben è fatto così. Lui non sa stare fermo, ha bisogno di nuove sfide continuamente e questo Miranda lo sa. Per questo penso che, per quanto arrabbiata possa essere, alla fine lo sosterrà. Questo è un po’ il metodo Bailey che abbiamo imparato a conoscere negli anni. Urla, si arrabbia, mette il broncio ma alla fine è la prima a supportare le persone a cui tiene davvero e non penso che questa situazione farà eccezione.

In ultimo c’è quello che momentaneamente mi sembra il più incasinato di tutti: Andrew. In pochi episodi si è ritrovato la sorella e l’ex ragazza che gli hanno scombussolato tutto. Il rapporto con Carina, a parte l’inizio non proprio idilliaco, tutto sommato sembra buono e lo dimostra il fatto che lui sia andato a chiederle consiglio, mentre quello con Sam è alquanto contorto. Non si sono lasciati bene ed è palese che ci siano ancora dei sentimenti ma non ho idea di dove possa portare tutto questo, se non a qualche mezz’ora di passione negli stanzini dell’ospedale. Lui ci tiene ancora e anche lei mi sembra coinvolta quindi dubito che possa rimanere una storia indolore per entrambi. Quello che mi domando io però è: questi sentimenti così forti e questo struggimento per l’ex ragazza abbandonata di punto in bianco senza saluti, dov’erano quando DeLuca moriva dietro a Jo? Per carità, mi va bene che provi ad andare avanti, anche se tecnicamente sta tornando indietro, ma sembra che tutti i suoi sentimenti per la Wilson siano spariti come se gli avessero spento l’interruttore. È vero che lei lo ha respinto in modo netto, ma è anche vero che se le persone smettessero di amare solo perché non sono corrisposte, il mondo sarebbe un posto più felice. Ho l’impressione che la storyline con Jo sia stata chiusa troppo in fretta, senza un senso. Anzi, a volte sembra proprio che gli autori se ne siano dimenticati e non capisco perché. La scorsa stagione era già abbastanza drammatica, non serviva di certo aggiungerci la friendzone del povero Andrew, soprattutto se poi quest’ultima doveva essere ignorata totalmente senza ripercussioni su di lui o su Jo. Comunque diciamo che diamo per archiviato il capitolo DeWilson e continuiamo a considerare la tredicesima stagione come un periodo di seminata anche se poi molti semi non sembrerebbero aver attecchito.

Anche per questo episodio siamo giunti al termine,. Vi do appuntamento a settimana prossima con l’ultimo episodio prima della pausa invernale (qualcuno spieghi ad ABC che 8 non è più o meno a metà di 24, grazie).

Promo e ringraziamenti

 

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