Eccoci qua con il penultimo episodio di questa quinta stagione di Prison Break.
Esordirò subito col dire che questa puntata mi ha fatto rivivere i brividi delle premesse della prima, e non c’entra solo il cliffhanger finale con la schizzata di sangue (chi mai sarà stato colpito?!), ma per il ritorno alle metafore, alle ingegnose tecniche visive (vedi la mappa di Mike che prende vita) e ai dialoghi criptici che tanto mi erano mancati.
(ma io non avevo mai notato che Jacob fosse così basso)
Michael, Sucre, Asso e Lincoln sbarcano in Francia. Grazie all’ “aiuto” del giovane Abruzzi, ritornano ad Ithaca per salvare Sara e Michael J. in quanto Poseidone ha scoperto il doppio gioco della moglie. Michael convinto che il figlio gli abbia lasciato una mappa, seguirà le indicazioni per finire in una trappola.
Conclusioni:
Partirei dalla scena che riguarda T-Bag. Deve fare un sacrificio e quindi dopo una confessione social a Dio, informandolo che sta per ritornare al vecchio T-bag, va ad incontrare a Chicago, per conto di Michael, Whip. Onestamente io non ho capito molto il discorso che gli ha fatto, certo, la parentela è palese, ma la retorica mi ha depistata. Ricollegandomi al flashback iniziale, sappiamo che Michael, assunto da Poseidone-Jacob, ha richiesto un braccio destro, un certo Dave Martin, un uomo che sapeva cavarsela da solo. Naturalmente Michael non lo ha scelto solo per la sua collaborazione negli affari megalomani di Poseidone, ma la domanda è: a cosa ci porterà Whip? T-Bag è visibilmente spaventato, gli fa un discorso sulle doti innate e ho avvertito un sottilissimo paragone con Scofield (o era con a se stesso?), ma davvero non riesco a collegare il discorso apparentemente di incoraggiamento di Theodore alle azioni del canadese. Dalla lettera di Michael e dal disagio del mittente ho per un momento creduto che Whip fosse sacrificabile per una causa maggiore, che noi ancora non conosciamo e nemmeno Asso. Che la soluzione sia quel barattolo pieno di… sangue? O che sia Whip collegato a questo misterioso ritrovamento nel mezzo del lago Michigan?
Fatto sta che da Marsiglia la trama ha preso un bel ritmo serrato e soprattutto ha rimesso in gioco le doti organizzative di Scofield: Sucre col suo cellulare ad un altro aeroporto di New York per depistare i vicari di Poseidone, C-Note e la finta DEA per ingannare Luca Abruzzi. Questo cenno alla prima serie con un nome noto: Abruzzi mi ha fatto piacere, si sta riunendo l’intera banda, era giusto che non mancasse nessuno. Naturalmente l’introduzione di questo personaggio ha riaperto una vecchia storyline di cui mi ero per giunta dimenticata, ma forse questa darebbe completezza a Lincoln, il quale nella quinta stagione è stato un po’ il fantasma di se stesso e non solo per la perdita – non perdita del fratello. Ha avuto un passato durante quegli anni, cancellarli solo perché Michael è tornato, avrebbe fatto perdere di credibilità alla storia base. Ma arriviamo alla ship. Io al bacio ero tipo… Lincoln quando spara con una mitragliatrice, euforica. Mi piace l’idea di questo amore nato tra la guerra di un paese e quella di due fratelli contro un sistema che proprio non li vuole lasciar stare. Anche la fuoriuscita di un aspetto caratteriale più dolce di Sheba ben si accosta con il riserbo e l’impacciatezza di Linc. Non credo che questo arrivederci durerà a lungo. Si meritano entrambi pace.
(e vai!)
Per quanto riguarda Jacob, sono ancora sotto shock. Ero felicissima che il nuovo compagno di Sara fosse estraneo ad un mondo più violento… ed invece è la violenza del mondo stesso camuffata dal volto per bene di Mark Feuerstein. Credo sinceramente che Jacob nutra dei sentimenti per Sara, non si è avvicinato a lei e al piccolo Mike per ripicca nei confronti di Michael, ma tanti altri punti non mi sono chiari e di queste incongruenze orecchio mangiucchiato (Van Gogh) e biondo platino (Emily) iniziano a risentirne. Alla fine siamo tutti prigionieri, questo il loro scambio di battute fa trapelare. Certo, molto non mi torna, come il discorso di Poseidone stesso del non mostrarsi mai e poi vive indisturbato nella società (e nella scuola stessa in cui lavora ha un ufficio segreto alla 007?), ma a parte ciò non dimentichiamoci mai i vari dettagli che da lui e i suoi uomini sono stati disseminati in queste puntate. Io ancora mi chiedo chi sia quel Elvis!
Il momento di ritrovo padre figlio dura un attimo, ma mi ha stampato un tenero sorriso sul volto. Certo, ero abbastanza convinta che il disegno non fosse del bambino, troppo ricco di dettagli, e va bene avere i geni del padre, ma non esageriamo… ma Prison è anche questo, un susseguirsi di piani che non funzionano e vanno a monte per poi arrivare al finale col botto.
Ora non ci resta che attendere e vedere dove ogni singolo personaggio ci porterà, ma soprattutto capire cosa i tatuaggi di Michael ci vogliano dire. Nel frattempo… PANICO E DELIRIO!
P.S.
Nota di merito a Wentworth che ha creato un Michael per questa quinta stagione più sensibile e umano, che si commuove con più facilità come di fronte agli origami mai visti da Sara. E anche a Feuerstein, il quale è riuscito a introdurre un velo maligno e leggermente perverso al suo sguardo in contrapposizione al Jacob dolce degli inizi.
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