Telefilm

Parliamone | L’evoluzione della sigla

Ho il brutto vizio di utilizzare come suoneria del mio cellulare canzoni/colonne sonore di serie televisive, soprattutto quelle delle sigle iniziali. Attualmente la scelta è ricaduta sulla struggente Tuyo di Rodrigo Amarante, che accompagna gli opening credits di Narcos. È un brutto vizio perché inevitabilmente dopo qualche settimana iniziano tutte a stancarmi e infastidirmi. Come quando scopri una canzone che ti prende particolarmente, che ha quel qualcosa di strano e incomprensibile che non ti permette di allontanarti dalle cuffie o di cambiare brano su YouTube (attualmente il mio guilty pleasure è Calcutta), fino ad arrivare al punto di disgusto fisico non appena si ascoltano poche note iniziali. Tornando alla suoneria del mio cellulare, la mia pazienza sta volgendo al termine con Tuyo e quindi sono alla ricerca di un’altra suoneria. In passato ho utilizzato i themes di Breaking Bad, Game of Thrones, Dr. House e molte altre ed hanno fatto tutte quante la stessa fine, resistendo al massimo un paio di mesi. La canzone deve attrarre la mia attenzione rapidamente e con piacere, senza però essere né troppo invadente da disturbarmi, né troppo lenta da non farsi notare.

Lo stesso concetto dovrebbe essere utilizzato per chi crea e produce le sigle iniziali delle serie televisive. La sigla dovrebbe essere una sorta di specchietto per le allodole, o comunque un’anticipazione, un antipasto di ciò che andiamo poi a vedere. Dovrebbe riflettere lo stesso stile dello show, lasciare nella mente degli spettatori una melodia da ricordare e presentare attori e addetti ai lavori. A volte sembra non essere troppo importante nei piani degli autori, altre punta tutto sull’energia di decine di secondi, altre ancora aumenta l’hype per la puntata ogni volta che la si guarda.

Qualunque sia lo scopo prefissato, il ruolo e l’aspetto della sigla è cambiato drasticamente negli anni. Iniziamo un breve viaggio tra le sigle storiche più famose e vediamo come è cambiata la sigla nel tempo.

Questa è la primissima sigla di cui ho memoria: Happy Days. È senza ombra di dubbio la sitcom che a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 ha avuto più successo in Italia e la sua sigla di apertura è l’archetipo di tutte le sigle delle sitcom dell’epoca e non solo: titolo subito piazzato in primo piano, canzoncina molto orecchiabile in sottofondo, montaggio video di qualche scena presa dalle puntate girate per far ambientare lo spettatore, carrellata degli attori in posa con relativo ruolo. Le scene devono far capire più o meno di che tipo di serie si tratta; la canzone deve entrare subito in loop nella testa di chiunque e non uscirne più, se è anche ballabile meglio; molta importanza è data anche agli attori, che devono essere ben noti e ricordati.

Questo tipo di sigla viene ripresa fedelmente da ogni sitcom del periodo, dai Jefferson a Sanford and Son, passando per Il mio amico Arnold. Niente da dire su questo tipo di apertura accademica, studiata perfettamente, durata di un minuto scarso, efficace. Viene utilizzata dalla metà degli anni settanta e verrà adottata, con minime modifiche, fino ai tardi anni novanta, come testimoniano le sigle di Seinfeld e Otto sotto un tetto.

In fin dei conti parliamo anche di sitcom molto simili tra loro: numerosa famiglia americana, che va incontro a molti incidenti ed equivoci divertenti durante i venti minuti di ogni puntata, quei rari scontri si risolvono con un lieto fine dopo poche scene, cercando sempre di inserire una morale di fondo a fine episodio. L’unico strappo alla regola lo regala il mitico Bill Cosby, oggi odiato per lo scandalo sessuale che lo riguarda, ma molto amato negli anni novanta, che con i suoi maglioni improbabili ed il suo The Cosby Show – noto oltreoceano come I Robinson – ci forniva un’alternativa diversa alla classica sigla.

Una piccola, straordinaria parentesi viene creata nel 1990. Questa sigla non aveva precedenti e non avrà in futuro nessun seguace, ma va assolutamente nominata. Rimarrà per sempre una perla per chiunque sia stato bambino negli anni novanta, un ricordo che rievocherà sempre un sorriso ebete sulla faccia. Pensateci: una sigla ritmata, video molto colorato, parla direttamente al pubblico, con un testo che riecheggia ancora nei meandri della vostra memoria. Niente? Un aiutino? “Prima classe, ma è uno sballo! Spremute d’arancia in bicchieri di cristallo..”.

L’esordio di un personaggio come Will Smith non poteva passare inosservato con questo tipo di sigla. Purtroppo – o per fortuna..- rimarrà unica nel suo genere. Per il resto gli anni novanta sono pieni di opening uguali tra loro, con l’unica variante di dare sempre più spazio a delle scene girate esclusivamente per la sigla. Anche in telefilm che non siano sitcom, la storia non cambia: iniziando da Baywatch – sigla/passerella per gli attori/modelli..non che ci lamentiamo, sia chiaro..-, passando per la sfilza di telefilm d’azione come A-Team e MacGyver. Anche la migliore sitcom di tutti i tempi Friends, nonostante avesse tutte le carte in regola per proporre qualche novità, crea semplicemente una bella sigla nello stesso stile delle altre.

Nella metà degli anni novanta però avviene un cambiamento, un’inversione di tendenza. Inevitabilmente la creazione di telefilm diversi dalle classiche sitcom, per genere e tematiche, richiedeva una presentazione diversa. Infatti inizia un filone di sigle sempre più minimal, molto più brevi, ricche di giochi di ombre e colori, che puntano molto su forme in movimento ed eliminano le canzoni a favore di brani solo musicali. La metamorfosi parte da Streghe, Buffy, X-Files, che sfruttano a pieno il tema fantasy/sci-fi per proporre sigle che dovrebbero rievocare mistero e paura. Segue il medical drama per eccellenza E.R., con movimenti a rallentatore di medici che vanno di fretta, il tutto affogato in tonalità di verde.

Certo, i fedeli alla linea non mancano, tanto che Dawson’s Creek ci farà da guida nel duro passaggio negli anni 2000 con la sua fedelissima e sbiascicata “I don’t want to wait for ouuur liiives…” che accompagna una classica carrellata dei protagonisti girata con una Super 8. Però l’idea di sigle molto corte e di maggiore impatto visivo ha successo e prende piede nei primi anni duemila, usata da sitcom e non come Scrubs, Prison Break, Malcolm, Will & Grace. Ma il culmine di questa nuova moda è l’incredibile non-sigla iniziale di Lost, ricca di suspense e punti interrogativi.

Dovevamo capire molte cose già da questa sigla…

Il nuovo trend ha il suo perché: non distoglie l’attenzione dalla puntata che è già iniziata, permette una maggiore lavorazione delle immagini per un impatto visivo più forte, inoltre trenta secondi scarsi di una sigla entrano più facilmente nel registratore della mente dello spettatore. Poi danno anche un messaggio di distacco ed evoluzione del modo di fare tv rispetto al passato, non più solo semplice intrattenimento ma anche una maggiore qualità del prodotto.

Scompaiono gradualmente i volti degli attori, le scene prese dagli episodi, le gag girate ad hoc per la sigla. Ne prendono il posto immagini più o meno definite in movimento, colori di sfondo che prendono vita, dettagli di oggetti simbolici che richiamano la trama del telefilm. Così nascono le brevi opening scenes di Fringe e Braking Bad, o quelle più lunghe di CalifornicationThe Sopranos, Mad Men. Personalmente sono quelle che preferisco, non troppo invasive, giusto equilibrio tra musica e immagini, dritte al punto.

Ma gli addetti alle sigle non la pensano come me. Probabilmente si saranno detti “Ehi! Abbiamo fatto 30, facciamo 31!” e non si sono fermati qui. La nuova era inizia da una delle sigle più belle e azzeccate di sempre – la mia preferita di sicuro..-, che ha anticipato di anni lo stile e l’idea che solo nell’ultimo periodo sono stati sviluppati a pieno. Parlo di Dexter e della sua Morning Routine.

L’idea è di creare una vera e propria clip curata nel minimo dettaglio, come la presentazione di un piatto in un ristorante pluristellato. Fotografia che richiama quella degli episodi, montaggio più lento per dare il tempo di cogliere ogni sfaccettatura dell’immagine presentata, durata che torna a superare il mezzo minuto. La stessa attenzione riversata negli episodi viene impegnata anche per le opening scenes, che diventano sempre più elaborate ed esteticamente intriganti.

Credo che questa scelta sia anche dettata dall’aumento esponenziale della produzione di telefilm da dieci anni a questa parte. Più scelta significa per i produttori più concorrenza e la necessità di attaccarsi ad ogni aspetto per far colpo sul pubblico. La sigla oggi ha un ruolo chiave in molti casi, ma vi è una strana tendenza negli ultimi anni.

Mentre le prime a sperimentare una sigla più curata restavano abbondantemente al di sotto del minuto di durata – Downotwn Abbey, The Walking Dead e Sherlock, per citarne tre iniziate nel 2010 -, ultimamente le serie tendono a proporre sigle sempre più lunghe, che raggiungono addirittura il minuto e mezzo, rischiando di stancare troppo e di risultare noiose (trend che non ha però interessato le sitcom). La prima serie di cui ricordo aver notato l’estrema durata della sigla è stata House of Cards, un minuto e trentadue secondi di panorami di Washington in timelaps. Ma la più famosa, la più innovativa e quella riuscita meglio è senza ombra di dubbio questa:

La sigla di Game of Thrones è straordinaria e non si può non guardarla all’inizio di ogni puntata, presentando con uno stile unico le ambientazioni e fornendo una scarica di adrenalina grazie ad una colonna sonora perfetta. Altri esempi di sigla molto lunga sono Narcos, True DetectiveBlack Sails e Orange is the New Black. E, sarò sincero, per queste salto subito le sigle con una dozzina di click sulla freccetta destra della tastiera. Non perché non meritano – anche se quelle di Black Sails e Marco Polo …-, quanto perché sono sicuro che mi stancherebbero dopo poche puntate, dandomi quel senso di disgusto fisico che si trasmetterebbe anche all’episodio. Come avviene quando mi chiamano dopo che la pazienza per la mia suoneria è terminata da un pezzo e sono già nervoso anche prima di iniziare a parlare.

A proposito: che suoneria uso ora? Stavo pensando a qualcosa di diverso, tipo la canzone dei titoli di coda di BoJack Horseman..O anche qualcosa di Calcutta..No no, meglio BoJack. Calcutta già mi ha stancato.

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5 thoughts on “Parliamone | L’evoluzione della sigla

  1. A me piacciono le sigle semplici con i nomi degli attori sotto le loro immagini oppure quelle ancora più minimal con giusto quei 2/3 secondi di immagine del logo.
    Per quanto riguarda la suoneria non so proprio cosa consigliarti dato che ho avuto per circa un decennio la sigla di Buffy ed al momento ho una canzone che mi piace molto, però è anche vero che non è che mi squilli frequentemente… 😉
    Mchan

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  2. Pochissime sono le sigle che ascoltavo dall’inizio alla fine senza saltarle, tra queste c’è Bad Things di True Blood. In generale però apprezzo le sigle molto lunghe, ma che si discostano da quelle anni 80-90 dove potevano esserci anticipazioni o filmati creati appositamente che vedevano gli attori sempre protagonisti. Una buona sigla può determinare anche la riuscita della serie a mio parere.

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